Da Napoli a Milano per rubare orologi di lusso: presi i rapinatori

Il raid in viale Testi: imprenditore in Ferrari rapinato di un Richard Mille da 200mila euro

Il Piaggio Beverly usato dai due rapinatori

Il Piaggio Beverly usato dai due rapinatori

MILANO Il Piaggio Beverly nero ronza in viale Testi aspettando la preda. A un certo punto, si materializza la Ferrari 488 argento di un imprenditore, reduce da una prova in pista all’Autodromo di Monza. Il bolide si ferma a un incrocio, ed ecco la coppia di rapinatori in azione: la botta allo specchietto, le scuse, sembra finita lì. L’automobilista intuisce che potrebbe essere un escamotage per rubargli l’orologio: si guarda intorno e quando vede che il motorino è sparito abbassa il finestrino per sistemare il retrovisore. È in quel momento che si materializza dal nulla uno dei due, a piedi: l’uomo gli piomba nell’abitacolo, gli afferra il polso sinistro e strappa il cinturino del Richard Mille da 200mila euro. "Stai fermo ché ti conviene", la minaccia. Parte così, dal racconto della vittima messo nero su bianco in Questura il 15 settembre scorso, l’indagine che ieri all’alba ha portato alla cattura di due trasfertisti dei Rolex: in manette il trentaduenne Domenico Tolomelli e il quarantaduenne Gianfranco Cecere, entrambi residenti a Napoli e già arrestati per lo stesso tipo di reato (il secondo ha precedenti specifici a Milano nel 2009 e nel 2011).

La prima svolta all’inchiesta della Squadra mobile, coordinata dal pm Leonardo Lesti, arriva un mese dopo, il 13 ottobre. Lo stesso Beverly affianca di nuovo la Ferrari grigia in piazzale Istria, ma l’imprenditore, temendo un altro assalto, avvicina i polsi privi di cronografi al finestrino come a dire "Non ho nulla che vi possa interessare": "L’uomo a bordo dello scooter mi ha guardato – riferirà alla polizia – e ha roteato un braccio come a fornire un segno di apprezzamento verso di me o verso la macchina". In quell’occasione, il conducente della 488 riesce a memorizzare la targa del motorino (con l’aiuto della moglie al telefono) e a fornirla ai poliziotti dell’Antirapine, guidati dal dirigente Marco Calì e dal funzionario Francesco Giustolisi. Dalle verifiche in banca dati, emerge che lo scooter è intestato a un quarantaquattrenne napoletano (che ne ha altri 8 a suo nome), ma che in realtà viene abitualmente utilizzato da Tolomelli. Che, da accertamenti sul sistema alloggiati (che censisce le persone registrate in hotel e strutture ricettive), risulta aver pernottato ogni inizio settimana del periodo 7 settembre-13 ottobre in alberghi di Emilia Romagna e Lombardia; insieme a lui c’era sempre Cecere. Il cerchio si stringe. Anche attorno all’auto usata dai trasfertisti per gli spostamenti da una città all’altra: una Renault Captur bianca, intestata a una società di La Spezia di cui è rappresentante legale una donna indagata nel giugno precedente per aver fornito macchine a pregiudicati e ai domiciliari per droga; peraltro, quel Suv risulta "oggetto di quattro distinti rintracci" per altrettanti presunti colpi, sintetizza il gip Sofia Luigia Fioretta nell’ordinanza di custodia cautelare, emessi tra il 4 luglio e il 14 novembre 2020 dal commissariato di Cava de’ Tirreni (Salerno) e dalle stazioni dei carabinieri di Cimitile (Napoli), Salerno Mercatello e Borgo Santa Maria (Pesaro).

I rilevatori Gps piazzati dalla Mobile consentono di seguire i movimenti frenetici di Tolomelli e Cecere al confine tra Cinisello e Milano (sia in macchina che sullo scooter), fino al ritorno in treno a Napoli del 20 ottobre (probabilmente dopo aver messo a segno un altro raid). Tutti indizi "gravi, precisi e concordanti" (l’ultimo, la presenza dei due in un motel di Paderno Dugnano la notte tra il 14 e il 15 settembre) che portano a una conclusione: sono stati i due trasfertisti di professione (Tolomelli non dichiara redditi dal 1997) a rapinare l’imprenditore.  

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