La madre di Alessandro: "Sogno di abbracciare chi vive grazie a mio figlio"

Il figlio è morto a 33 anni per aneurisma: se le quattro persone salvate non sono pronte, aspetterò

Alessandro Quitadamo, morto a 33 anni nel dicembre del 2017 per un aneurisma cerebrale

Alessandro Quitadamo, morto a 33 anni nel dicembre del 2017 per un aneurisma cerebrale

Milano, 16 aprile 208 - Si chiamava Alessandro Quitadamo, aveva 33 anni e viveva a Busto Arsizio. Lo scorso 22 dicembre era andato al lavoro, come tutte le mattine, nel centro di revisioni auto di cui era il responsabile, a Gallarate. Sarebbe stato l’ultimo impegno prima delle vacanze di Natale. A gennaio, sarebbe andato a convivere con la sua Silvia: la casa era pronta, i mobili nuovi già riempivano le stanze. Ma proprio quel 22 dicembre alle 10 Alessandro si è sentito male e si è accasciato a terra. All’improvviso. «Aneurisma cerebrale», racconta la mamma Rosa Bua, di 55 anni, che lavora come cuoca in una scuola materna di Busto. Ora dalle pagine del Giorno lancia un appello: «Vorrei incontrare le persone che oggi vivono grazie agli organi di mio figlio. Per me sarebbe come riabbracciarlo perché so che una parte di lui vive in loro». A dicembre la signora Rosa non ha avuto dubbi: quando è arrivato il momento di decidere, ha scelto subito di donare organi e tessuti del suo Alessandro. «Ma per la legge in vigore avviene tutto nel completo anonimato: non è possibile sapere chi sono i destinatari degli organi, né chi li riceve può sapere da chi arrivano. Allora lancio un appello a chi li ha ricevuti: contattatemi. Se non siete ancora pronti, io aspetterò».

Un appello lanciato anche dalla sua pagina Facebook, Rosy Rosa Bua. Quel che sa, è che le persone che oggi vivono grazie al suo Alessandro sono cinque, di cui tre operate a Milano: «Il cuore, ad esempio – racconta la signora – è stato donato a un uomo, a Milano. Ho saputo che prima del trapianto gli restavano pochissimi giorni di vita. Sarebbe molto importante per me poterlo incontrare, sentirei il battito del cuore di Alessandro». Il fegato è stato invece «il regalo» per un uomo di 53 anni. Un rene è nel corpo di una donna di 49, e il trapianto è avvenuto sempre a Milano. L’altro rene è invece stato trapiantato a Bergamo, a un paziente di 40 anni. Infine, i polmoni sono stati donati a un 58enne a Padova.

Incontrare, col tempo, queste persone potrebbe restituirle almeno in parte il sorriso, portarle un po’ di luce dopo mesi di buio, ed è diventato il suo obiettivo di vita. Anche se al suo fianco ci sono i figli Matteo, 35 anni, e Marco, 29, «il dolore è troppo straziante. La vita di Alessandro si è spezzata quando era al culmine della felicità: aveva un lavoro, una ragazza che lo amava e con la quale sarebbe andato a convivere. Perché è dovuto accadere questo? Ricordo sempre quel 22 dicembre, il mio Alessandro in coma. Il giorno dopo si era risvegliato in ospedale, speravo che il peggio fosse passato, invece, il 31 dicembre, se n’è andato: ha avuto un secondo aneurisma. Sto soffrendo immensamente. Abbracciare le persone che oggi vivono grazie a mio figlio – conclude – potrebbe darmi un po’ di serenità. Io non smetterò di sperare».

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