Ore 22, a Milano coprifuoco anticipato: locali già chiusi e piazze vuote

Lo spettro del lockdown aleggia sulla città. E la voglia di uscire è passata

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di Annamaria Lazzari

e Marianna Vazzana

Tristi e solitari. Il coprifuoco ha spento i Navigli: da ieri sera tutti "tappati" in casa dalle 23 alle 5 del mattino. Con l’’ordinanza regionale in vigore fino al 13 novembre, è caduta la regola non scritta del divertimento by night: l’importante è fare tardi. All’"ora X" ci sono solo locali in chiusura e gli ultimi ritardatari di corsa verso la metropolitana. Perché non si scherza: chi viola il coprifuoco, rischia sanzioni da 400 a 3mila euro. Nel quartiere della movida – complice anche una pioggerella fastidiosa – la serata non ha mai ingranato la marcia. E c’è un effetto di straniamento, a Milano e in tutta la Lombardia, perché d’ora in avanti l’ultimo bicchiere della staffa si consuma all’ora del primo cocktail in tempi pre-Covid. "Mi sembra di essere tornato indietro nel tempo, quando ero adolescente e la mamma mi fissava l’orario per rientrare. Però senza la spensieratezza di quegli anni e con un sentimento diverso" sorride amaro Lorenzo Manzo, mentre beve l’ultimo gin lemon in via Casale alle 22.30. Qui, come altrove, serata fiacca. Al “Blues Canal” nelle ultime due ore si sono presentati tre clienti. "Per forza, parlare di coprifuoco ha un effetto devastante sulla psiche. La gente neanche ci mette piede fuori casa, ha paura. È come se le lancette fossero tornate indietro a marzo" si sfoga Francesco Gabriel, assistant manager del pub, mentre tira giù la serranda. Gli spostamenti sono consentiti solo per "esigenze lavorative, situazione di necessità o d’urgenza o per motivi di salute". Proprio come nel lockdown. E come allora è ritornata l’autocertificazione.

Sul Naviglio Pavese c’è chi è convinto che sarà il prossimo passo la chiusura totale. In via Ascanio Sforza il coprifuoco è iniziato praticamente alle 21. Con dehors vuoti. Come al Ginger Cocktail Bar. "Non è un giovedì normale. Sono convinto che il coprifuoco sia il preludio del lockdown. Forse è pure meglio. Tenere aperti in queste condizioni significa solo avere costi". Spenta anche via Torricelli. "Siamo colpevoli del record di contagi? Saremo pure un anello nella catena delle responsabilità, ma c’entrano anche i mezzi pubblici" si difende Valter Marindi, dello storico “Frizzi e Lazzi” in via Torricelli. Anche l’inossidabile trattoria “Brutto anatroccolo” ha deciso cambiare le sue regole: per la prima volta dal 1985 ha anticipato l’apertura alle 20 invece che alle solite 21. "Abbiamo fatto 25 coperti, la metà del solito. Non ci lamentiamo, però".

Anche piazza Duomo alle 21.40 è quasi deserta. Nessuno ammira le vetrate illuminate, nessuno scatta selfie: i pochi passanti si allungano verso la fermata della metropolitana per rincasare prima delle 23. Nei locali del Salotto buono, i clienti si alzano dai tavolini. Niente luci sul soffitto della Galleria, la pioggia rende tutto più cupo. Stessa situazione tra corso Como e piazza XXV Aprile: la polizia, che monitora l’area dalle 19, rende reale il concetto di “coprifuoco imminente” insieme alle sfilza di serrande abbassate e locali in letargo. Alle 23 e pochi minuti, una coppia è la prima a essere controllata. "Siamo usciti da un ristorante alle 21.40", spiega Raffaele Romano, con in tasca lo scontrino. "Torniamo a Carate Brianza", promette la moglie.

Nessuna sanzione, considerando che è la prima sera e che c’è un margine di tolleranza. I due ringraziano e corrono all’auto.

Bruna, 30 anni, ha aperto il portone di casa in tempo, prima dei controlli e prima che la strada diventasse deserta: "Questa misura può essere valida, ma mi chiedo se abbia senso chiudere la città solo in una determinata fascia oraria: il virus circola anche alle 18. E credo si debba ridurre la capienza dei mezzi pubblici".

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