Opere imbrattate la città da tempo è deturpata

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Piero

Lotito

Le buone intenzioni cominciano a essere preoccupanti. Per difendere la terra e combattere il riscaldamento climatico, gli attivisti di "Ultima generazione" proseguono nel loro rischioso metodo di protesta: imbrattare opere d’arte e monumenti, al chiuso nei musei e all’aperto nelle piazze. Tra le ultime imprese, il deturpamento della facciata di Palazzo Madama a Roma e del "Dito" di Maurizio Cattelan in piazza Affari a Milano. La condanna è ragionevole: per una causa giusta (chi non considera sacrosanta la ribellione contro lo scempio dell’ambiente?), si commettono errori assai vicini a reati. Se gli attori non si danno per vinti e promettono nuove e più eclatanti azioni, in Italia e altrove si pensa a nuove norme di contrasto. In gioco, la stessa definizione del gesto: se semplice imbrattamento (una ragazzata, insomma) o danneggiamento (e qui per gli incursori le cose si complicherebbero un tantino). La situazione dei secchi di vernice contro i beni culturali spingerebbe in realtà a una considerazione di carattere generale. Se tutta la città, Milano come altre, dal centro alle periferie, non fosse già imbrattata di suo da scritte, "firme" più o meno sciagurate e un’infinità di altri scarabocchi, se insomma si presentasse linda e ordinata come, mettiamo, certi centri svizzeri o austriaci, gli imbrattamenti di "Ultima generazione" apparirebbero davvero come un odioso reato. Ma così, con le facciate delle case ridotte a discarica figurativa, con i mezzi pubblici impiastricciati dalle ruote al pantografo, con i pali, i semafori, le cassette della posta e ogni centimetro quadrato sovraccarichi di adesivi e anche qui di scritte e sgorbi, come pensare che la vernice gettata sul "Dito" di Cattelan rappresenti un affronto per tutta la città? In difesa dell’ambiente si deturpa l’ambiente culturale. Ma il complesso urbanistico non è forse esso stesso "ambiente"? E un portone, il muro di un palazzo, non meritano forse un rispetto pari alla scultura di Cattelan? Il discorso, in definitiva, è ampio e richiederebbe una più approfondita riflessione. Può anche essere che gli attacchi degli attivisti inducano alla buon’ora a considerare "monumento", perché no?, anche i dignitosi palazzi di periferia e "opera d’arte", chessò, una pensilina o un bel muro di cinta. Se si arrivasse a questo, quei secchi di vernice potrebbero anche essere visti come inconsapevoli colpi di genio.

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