Il giudice: delitto non premeditato. "Usò una bottiglia di vino piena"

Il killer di Tiziana Pavani condannato a soli 20 anni ha detto ai magistrati: "La coca era il mio burattinaio. Voglio un percorso di recupero"

Luca Raimondo Marcarelli l'omicida di Tiziana Pavani (NewPress)

Luca Raimondo Marcarelli l'omicida di Tiziana Pavani (NewPress)

Milano, 19 ottobre 2017 - «No... Ma io non ci vado in carcere, ho bisogno di un percorso di recupero, devo essere solo curato, magari fuori Milano». “Luca dandy”, come si faceva chiamare sul profilo facebook vorrebbe cavarsela così, con una scorciatoia. Lui, che l’aver spaccato la testa della compagna a bottigliate lo chiama «un incidente capitato», come cadere in bicicletta. Due giorni fa il “dandy” Luca Raimondo Marcarelli, 33 anni, 11 dei quali annegati nel disastro della cocaina, è stato condannato a 20 anni, in abbreviato, per avere ucciso Tiziana Pavani, 54 anni, con cui aveva una relazione sentimentale saltuaria da 5 anni. «Non so perché ho fatto questa cosa, ho avuto uno schizzo, non so...non mi sono reso conto, vedevo delle mascherine africane color beige.. è stata la cocaina lei è il mio burattinaio e io sono il suo burattino, è lei che mi fa fare queste cose, volevo colpire le mascherine, invece poi ho colpito Tiziana».

Il giudice Sofia Fioretta che due giorni fa l’ha condannato a 20 anni (il pm aveva chiesto l’ergastolo), non ha riconosciuto l’aggravante della premeditazione, nonostante la relazione della polizia postale che certificava ricerche in google su «come uccidere con un colpo solo e cancellare ogni traccia».

Non solo. Il 6 gennaio, una settimana prima dell’omicidio Marcarelli interroga il popolo web: «Come avviene la morte con un colpo in testa? Come muore la vittima?». E ancora, ricerca del 12 gennaio: «Mi sapete dire 10 modi con cui posso uccidere una donna?». L’avvocato della famiglia Pavani, Arianna Leonardi, non ci sta e annuncia battaglia perché Tiziana abbia giustizia. «Vent’anni sono troppo pochi, gli sono state concesse anche le attenuanati generiche, ma Marcarelli ha acceso il gas dopo l’omicidio. Se lo sono dimenticati? Non fosse stato per l’intervento di un vicino che ne aveva sentito l’odore sarebbe saltato in aria tutto il palazzo. E questo solo perché Marcarelli voleva nascondere ogni traccia dell’omicidio e sperava di cavarsela». Nelle motivazioni della sentenza, il giudice ritiene comunque che nel gesto di non ci fosse la premeditazione, ma solo la disperazione tragica degli effetti della cocaina. Lo dimostrerebbe «il corpo contundente utilizzato», si legge nel dispositivo di condanna.

«Marcarelli ha usato una bottiglia di vino piena che si trovava occasionalmente nell’appartamento e che l’imputato ha riferito di avere trovata appoggiata sulla pattumiera in cucina. Non si tratta - si legge ancora - di un oggetto portato apposta per uccidere e scelto come arma del delitto, ma di un oggetto già presente sul luogo del delitto e privo di intrinseca idoneità omicida, così da risultare compatibile con una iniziativa estemporanea». Ma Marcarelli da cinque anni frequentava la casa della Pavani con assiduità e la conosceva bene, sapeva dove era ogni cosa. «Non avevo voglio di stare in strada, soprattutto quando faceva freddo – ha fatto mettere a verbale l’assassino – da Tiziana trovavo sempre una casa calda e un pasto. Quindi ci andavo spesso». Nella sua malvagità Marcarelli non ha mai avuto una parola di pentimento.

 

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