Tre colpi di pistola e una lettera del killer: sull’edicolante morto restano solo misteri

Salvatore Corigliano, 27 anni, freddato la mattina del 4 gennaio 1999 a Milano. Un ’esecuzione spietata: vittima un ragazzo tutto casa, lavoro e oratorio Tante ipotesi, forse voleva salvare una prostituta. Poi, più nulla

Il Giorno del 5 gennaio 1999

Il Giorno del 5 gennaio 1999

Milano - Nove omicidi. Quello che accade a Milano all’inizio del 1999 suscita paura collettiva, crea un caso mediatico. Piazza Esquilino. Le 6.30 del 4 gennaio. Salvatore Corigliano ha ventisette anni. E’ al lavoro nell’edicola di famiglia. Tre colpi di Smith e Wesson 357 magnum sparati a bruciapelo lo raggiungono alla testa, al petto, al braccio destro alzato a difesa. Salvatore lotta per due giorni. La famiglia acconsente all’espianto degli organi. Una esecuzione spietata per uccidere un ragazzo tutto lavoro, casa, oratorio. Libretto universitario sfavillante anche se gli studi di ingegneria sono stati ibernati per dare una mano nell’edicola. Cappello da alpino. Chitarra, musica, libri. Bello, atletico, fidanzato con Isabella. Volontario al Pio Albergo Trivulzio e all’oratorio di San Giovanni Bosco con i disabili. Nessun testimone. Movente sommerso. Prove occultate dalla bruma dell’alba milanese.

C’è una ragazza, una di zona San Siro. Faceva una corte senza tregua a Salvatore. In serata entra in questura. Salvatore? Una semplice amicizia. Parla quando capisce che in questura sanno: dai tabulati risultano 130 chiamate negli ultimi due mesi, anche 11 in un giorno. Appuntamenti nel pomeriggio alla Montagnetta. L’ultima chiamata a Salvatore alle 6.24.42 di quel 4 gennaio: "L’ho sentito parlare con un cliente e dire una frase del seguente tenore: ‘E’ ancora presto, non c’è ancora niente ... No! No! No!!!’. Sono rimasta in ascolto per circa 30-60 secondi, ho pensato che scherzasse con qualcuno e poi ho riagganciato appena prima che rientrasse mio padre".

Il convivente della donna ha alle spalle un passato di tossico e una condanna. E’ stato in comunità, ha trovato la forza di uscire dalla droga e un lavoro in una ditta di San Giuliano Milanese. Alla Omicidi dichiara di non sapere niente del flirt, di non conoscere Salvatore e che in ogni caso non l’avrebbe affrontato, di essere uscito alle 6.20 e di avere timbrato in ditta alle 7.57. A lui sequestrano un giubbotto, a lei dei bigliettini dove ha annotato la gelosia del compagno. Si ritrovano indagati per omicidio volontario in concorso e detenzione abusiva d’armi (che non si trovano). Entrambi vengono sottoposti allo Stubb. L’esito dei tamponi arriva il 20 aprile: non c’è traccia di polvere da sparo. Cade la pista del delitto passionale. Il 13 gennaio una lettera anonima viene recapitata a don Francesco, il parroco di San Giovanni Bosco, e a Stefania Panza, cronista del Giorno. La data è quella del 9 gennaio, quattro pagine riempite a stampatello. L’autore scrive di avere visto in faccia l’assassino, è stato un attimo, non saprebbe riconoscerlo. Lo descrive sui 45-50 anni, un metro e 60, un giaccone azzurro. Un testimone importante. Il Giorno gli rivolge un appello perché si metta in contatto, nei modi che vorrà. Ha a disposizione un numero telefonico. Arrivano molte chiamate. Una viene registrata dalla segreteria alle 6.50 del 20 gennaio.

L’uomo al telefono dimostra di conoscere alcuni particolari contenuti nella lettera e mai usciti, come le videocassette pornografiche trovate in disordine davanti al chiosco, anziché essere appese su un lato, come le teneva Salvatore. Interrogano i benzinai, le guardie giurate, i distributori, le suore e le ospiti del convitto di via Zamagna, il personale del consolato russo di via Ottoboni, i tipi strani e i tipacci. Dal sottobosco della prostituzione albanese di piazza Esquilino esce il nome di una certa Suzanna, che Salvatore avrebbe cercato di togliere la strada. Quando la rintracciano, lei nega tutto. Forse una parte dell’enigma della morte di Salvatore il buono è davvero racchiuso in quella lettera anonima. Il criminologo Francesco Bruno l’ha analizzata e studiato i particolari del delitto. E’ sconvolgente la conclusione pubblicata su Il Giorno: "Probabilmente l’assassino è lo stesso autore della missiva. Il contrasto e la conflittualità sono evidenti tanto nella lettera che nell’omicidio: ci sono una serie di elementi comuni.

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