Il vertice a San Siro, i telefoni e il bar: il film dell’omicidio di Rocco Stagno

Il delitto di 'Ndrangheta 10 anni fa a Bernate Ticino

Carabinieri - Ros

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Milano, 27 gennaio 2020 - Tre anni fa, i giudici della Cassazione, pur riconoscendo l’attendibilità delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Antonino Belnome, avevano annullato con rinvio le condanne di secondo grado rilevando "carenze motivazionali sull’esistenza di riscontri" caso per caso alle parole messe a verbale dal killer del boss Carmelo Novella. Carenze colmate dalla nuova sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Milano del 2018, visto che nell’ottobre scorso gli ermellini hanno rigettato i ricorsi di tutti gli imputati (accogliendo parzialmente solo quello di Francesco Elia) e ratificato sette degli otto ergastoli comminati per gli omicidi di ’ndrangheta di Novella, Rocco Stagno e Antonio Tedesco.

Partiamo dall’assassinio di Stagno del 29 marzo 2010 a Bernate Ticino, ordito da Rocco e Francesco Cristello per vendicare la morte del cugino Rocco, freddato nel 2008 davanti alla sua abitazione di Verano Brianza. I giudici d’Appello hanno valorizzato alcuni elementi decisivi per inquadrare singolarmente i fatti raccontati da Belnome, come richiesto dalla Suprema Corte: a cominciare dalla presenza di Stagno la mattina del delitto nella cascina del quarantasettenne di origine vibonese Leonardo Prestia, tra i condannati al carcere a vita. Di più: la "significatività della circostanza per la quale il giorno dei fatti il telefono" di Massimiliano Zanchin "era l’unico tra quelli degli imputati a rimanere raggiungibile".

Perché? Perché il quarantacinquenne di Giussano, come da piano criminoso studiato alla vigilia, fu l’unico a non recarsi nel macello abusivo quel giorno, con il chiaro compito di fare da tramite tra gli altri complici (che infatti non si telefonarono mai tra loro). Altro punto-chiave, valorizzato dai giudici per sostenere la credibilità di Belnome: la descrizione minuziosa degli incontri preparatori al raid armato, "svoltisi nel luogo ove il Prestia svolgeva l’attività di venditore ambulante di cibi e bevande presso lo stadio di Milano", con la localizzazione nella zona di Rocco Cristello, Claudio Formica e Zanchin "cinque giorni prima di quello dell’omicidio, e con il loro allontanamento quando era ancora in corso la partita ( quella sera si giocava Inter-Livorno al Meazza, ndr ), che non costituiva pertanto la ragione di quella presenza". E ancora: le riunioni in un bar e i riferimenti nelle conversazioni intercettate al "martello pneumatico" riposto in un cassetto (l’arma del delitto per gli investigatori) e a un terreno chiamato "le capre", quello di Prestia a Bernate.

Per quanto riguarda, invece, l’omicidio di Novella, la sentenza passata in giudicato ha riconosciuto la colpevolezza di Cristian Silvagna, ritenuto colui che prima consegnò in un bar di Cormano le pistole ai killer Belnome e Michael Panajia e poi le riprese dopo l’assassinio del boss scissionista, avvenuto alle 17.50 a San Vittore Olona, per eliminarle insieme agli altri oggetti utilizzati per il delitto.  

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