Omicidio di piazzale Loreto, ergastolo al killer ancora latitante

Insieme a un complice uccise un connazionale per un debito di droga

L'omicidio in piazzale Loreto

L'omicidio in piazzale Loreto

Milano, 26 giugno 2019 - La Corte d'Assise di Milano ha condannato all'ergastolo il dominicano Joel Antonio Santos Mercedes detto 'Papito', ancora latitante e che assieme ad un connazionale, Jeison Elias Moni Ozuna, già condannato in passato a 18 anni, uccise, il 12 novembre 2016, in piazzale Loreto a Milano, Antonio Rafael Ramirez, anche lui dominicano, per un debito di droga. L'omicidio, che avvenne nel tardo pomeriggio vicino a corso Buenos Aires, strada dello shopping milanese, e in mezzo ai passanti, scatenò all'epoca polemiche sul tema della sicurezza in città.

I giudici oggi hanno accolto la richiesta di condanna all'ergastolo formulata dal pm Piero Basilone per il giovane dominicano, il quale dopo l'uccisione era riuscito a fuggire all'estero e che finora non è stato rintracciato. Sarebbe stato lui, secondo le indagini, a sferrare le otto coltellate che uccisero Ramirez, mentre l'altro aggressore prima gli aveva sparato contro due colpi di pistola. 

Già nella sentenza di condanna con rito abbreviato per Ozuna, il gup Stefania Donadeo aveva chiarito che quest'ultimo "non aveva mai impugnato una pistola" prima di allora, aveva sparato due colpi ma non era stato capace «di colpire il bersaglio nelle parti vitali» e poi l'arma si era inceppata, tanto che Ramirez morì per le otto coltellate inferte dall'altro aggressore, condannato oggi all'ergastolo. Nell'ambito delle indagini, condotte dalla Squadra mobile e coordinate dal pm Basilone, anche grazie alle telecamere era stato possibile ricostruire il ruolo avuto da Ozuna e da Mercedes nell'uccisione di Ramirez per un debito di droga di 10mila euro. Il giudice aveva attribuito ad Ozuna il «concorso morale e materiale nell'omicidio» perché, tra le altre cose, dopo che la pistola si inceppò, il giovane bloccò «la vittima consentendo all'amico di finirla con le coltellate».

La sentenza in abbreviato (sconto di un terzo sulla pena), confermata anche in appello, aveva riconosciuto all'imputato, difeso dai legali Francesca Salvatici e Rocco Romellano, le attenuanti generiche "tenuto conto del corretto comportamento processuale» di Ozuna che, dopo essere stato fermato in Toscana quasi un mese dopo l'omicidio premeditato, aveva ammesso «la sua responsabilità". 

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