Omicidio Perini, una svolta che sa di nuova beffa

Abbiategrasso, riaperte le indagini sull’assassinio dell’agricoltore morto nel 2000. Per i pm i responsabili furono due nomadi irreperibili: chiesta l’archiviazione

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di Graziano Masperi

Sembrava quasi arrivato ad una svolta il caso dell’omicidio di Marco Perini, l’agricoltore abbiatense scomparso l’11 maggio del 2000 e ritrovato cadavere in una lanca del Ticino a Besate il 19 dello stesso mese. Le indagini erano state riaperte su richiesta del Pm, nel mese di ottobre dello scorso anno alla luce di dichiarazioni ritenute importanti da parte di una donna. Purtroppo gli elementi raccolti dagli investigatori non sono stati ritenuti idonei a sostenere l’accusa in giudizio per due indagati che, allo stato, risultano irreperibili. E così l’altro giorno alla madre dell’agricoltore scomparso, Ebe Pagliari di Abbiategrasso, è stata notificata la richiesta di archiviazione firmata dal sostituto procuratore Stefano Ammendola. Le dichiarazioni di quella donna di origine nomade hanno del clamoroso. La stessa ha riferito, con verbale della polizia giudiziaria, che i presunti responsabili dell’omicidio di Marco Perini sarebbero stati i fratelli di suo padre, originari della Bosnia Erzegovina e della Yugoslavia e all’epoca dimoranti nel campo rom vicino alla cascina dove viveva l’agricoltore assassinato.

La donna avrebbe aggiunto di essere a conoscenza di tali fatti fin dal 2005 e di averli appresi dalla sorellastra. Ma perché aspettare tanto tempo per rivelarlo? Il fratello della donna era morto tra il 2017 e il 2018 a causa di un tumore al cervello e probabilmente aveva atteso tanto tempo per incolpare gli zii perché consapevole del probabile coinvolgimento del fratello nell’omicidio di Marco Perini. Il movente? Una sorta di vendetta perché Perini aveva ucciso i loro gatti oltre ad alcuni screzi. I due uomini lo avrebbero attirato in una zona boschiva vicino al campo con un tranello per poi colpirlo violentemente con un bastone di bamboo appuntito. Informazioni che la squadra omicidi ritiene attendibili. Comincia così la ricerca di riscontri che possano suffragarle. C’è da dire che quando le indagini vennero riaperte già nel 2016 vennero raccolti numerosi elementi indiziari a carico della famiglia nomade che dimorava in un campo in cui la vittima era solita recarsi per lavorare la terra. Emerse già all’epoca che tra Marco Perini e i suddetti nomadi c’erano dei contrasti. Episodi all’apparenza di poco conto come quella volta in cui i nomadi si arrabbiarono perché l’agricoltore bruciò delle sterpaglie o sparò ad alcune anatre. Il giorno della scomparsa di Perini, l’11 maggio del 2000, i nomadi manifestarono la loro intenzione di andarsene, cosa che in effetti fecero. E diedero fuoco al campo dove vivevano. Episodio che per gli investigatori era di rilevanza fondamentale perché, in effetti, una scena del crimine non è mai stati trovata e l’unico luogo a cui non fu possibile accedere risultò proprio il campo nomadi a causa dell’incendio. Già nel 2006 un uomo con chiaro accento dell’est Europa telefonò al 112 informando che i responsabili dell’omicidio Perini erano due uomini dell’est. Purtroppo i due indagati sarebbero riusciti a far perdere le tracce. Quelle più recenti porterebbero al campo nomadi di via Piccirilli, località Settebagni, Roma.

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