Omicidio Pozzi, la figlia evita il carcere: "Mancano prove"

Il Riesame bis nega l’arresto chiesto dalla Procura

Simona Pozzi  al funerale del padre Maurizio

Simona Pozzi al funerale del padre Maurizio

Milano, 18 aprile 2019 - «Non ci sono prove». E la 46enne Simona Pozzi, accusata dalla Procura di Milano di essere la mandante dell’omicidio del padre, evita il carcere. Il Tribunale del Riesame, nell’ultima tappa di una complessa vicenda giudiziaria, ha detto no all’arresto della donna, che resta indagata a piede libero per omicidio volontario. Storico commerciante di scarpe di Affori, Maurizio Pozzi fu ucciso nel suo appartamento in via Carli il 5 febbraio 2016. Le indagini della Squadra mobile puntarono sulla figlia, che secondo le accuse avrebbe commissionato il delitto per motivi economici. Ma il gip di Milano ha negato la custodia in carcere chiesta dai pm Alberto Nobili e Antonio Pavan. La Procura ha presentato quindi ricorso al Riesame che, nel primo giudizio, ha dato parere positivo all’arresto emettendo una ordinanza di custodia cautelare nei confronti della 46enne. Giudizio ribaltato però dalla Cassazione che, accogliendo il ricorso della difesa di Pozzi, ha annullato il provvedimento rimandando la decisione ad altri giudici del Riesame. Giudici che, questa volta, hanno detto no.

Non si sono discostati dalla linea della Suprema Corte che lo scorso gennaio ha scritto che, in sostanza, mancano le prove che conducano a lei come mandante dell’omicidio di oltre tre anni fa. La Cassazione, però, ha precisato che «vi sono plurimi indizi» del fatto che nel 2013 la donna «aveva dato mandato ad alcuni soggetti di aggredire il padre» nella Bergamasca. Anche su quest’accusa di tentato omicidio il Riesame ha bocciato l’arresto. La donna, difesa dal legale Franco Silva, è rimasta dunque sempre libera, anche se indagata per omicidio volontario e tentato omicidio. Le indagini dei pm, in particolare, avevano messo in luce che avrebbe «dilapidato» in pochi anni circa 800mila euro del patrimonio familiare, che aveva le chiavi della casa in cui è stato trovato il corpo del padre e soprattutto che avrebbe già tentato di ucciderlo in passato.

La donna, che ha continuato a gestire il negozio del padre in questi anni, è accusata, infatti, anche di aver già dato mandato, nel 2013, ad un altro uomo, arrestato, di ammazzare il padre che aveva subito un violento pestaggio. Anche per questa accusa i pm avevano chiesto l’arresto, ma il Riesame ha detto no anche perché non ci sono esigenze cautelari per un fatto di 6 anni fa. La Cassazione sull’omicidio aveva spiegato che «non è stata superata l’affermazione» del gip «circa la mancata individuazione dell’esecutore materiale (mai arrestato, ndr) nonostante la vita dell’indagata fosse stata scandagliata in ogni ambito». Un caso rimbalzato da un ufficio all’altro, con una matassa che si è ingarbugliata con lo scorrere del tempo. La Procura potrebbe, comunque, chiudere le indagini a carico della donna in vista di una richiesta di processo per omicidio. Processo che lei affronterebbe a piede libero. Sulla tranche del tentato omicidio potrà pesare anche la prescrizione.

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