Omicidio di Maurizio Pozzi, la figlia resta libera

Per l’accusa merita l’arresto, ma la Cassazione rimanda al Riesame

Simona Pozzi

Simona Pozzi

Milano, 18 novembre 2018 - Resta in libertà Simona Pozzi. Figlia di Maurizio, commerciante 69enne ucciso due anni fa, è accusata di essere la mandante del delitto e per la Procura dovrebbe essere arrestata. Dopo un primo diniego del gip, il tribunale del riesame aveva accolto la richiesta, ma ieri la Cassazione ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare con rinvio ad un nuovo giudizio del Riesame. La donna, difesa dal legale Franco Silva, resta dunque libera. A fine luglio scorso i pm Alberto Nobili e Antonia Pavan si erano visti accogliere il ricorso contro il no del gip all’arresto. I giudici avevano stabilito che la figlia del commerciante dovesse andare in carcere. La difesa, però, ha impugnato l’ordinanza alla Suprema Corte e ieri è arrivata la decisione. Serve una nuova valutazione «sulla base degli elementi che la Cassazione indicherà nelle motivazioni, quando saranno depositate».

Pozzi fu trovato agonizzante nella sua abitazione di via Gian Rinaldo Carli dalla moglie la sera del 5 febbraio 2016, riverso sul pavimento della camera da letto: aveva la testa fratturata e con una profonda ferita. In casa tutto era in ordine e non mancava nulla. In un primo momento si pensò ad un incidente: una caduta mortale dovuta a un malore, poi gli inquirenti scoprirono che la figlia della vittima aveva contratto debiti per centinaia di migliaia di euro e che per questo motivo litigava spesso con il padre. Le indagini si indirizzarono sull’omicidio. Secondo l’accusa, Simona avrebbe già tentato di uccidere il padre nel 2013 mentre era in vacanza nella Bergamasca. Tentativi grossolani di cui era stato incaricato il boss della ’ndrangheta Pasquale Tallarico che poi, in occasione di un successivo arresto nel 2017, avrebbe raccontato tutto agli inquirenti. La colpa dell’uomo sarebbe stata quella di contrastare le spese folli della figlia.

Lei si difende negando di essere la mandante o l’assassina, perché - dice - «non c’è mai stato un omicidio. Mio padre è morto a causa di un malore. E io sono innocente e perseguitata». Il quadro indiziario che la inchioda rimane pesante. Le liti fra padre e figlia poco prima dell’omicidio - come dimostrano i messaggi scambiati su Whatsapp - si erano fatti pesanti ed esplicite, la donna confessava all’ex marito di somministrare al padre pensati tranquillanti per tenerlo sempre sedato e renderlo innocuo. E ancora: l’assassino il pomeriggio del 5 febbraio di due anni fa, dopo aver ucciso, chiuse la porta dell’appartamento a chiave. Le uniche due persone che ne avevano una copia erano la moglie e la figlia.

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro