Omicidio Lidia Macchi, Stefano Binda: "Sono innocente". Pg chiede conferma ergastolo

L'imputato ha detto di essere "estraneo a tutti i fatti, a tutti gli addebiti". I suoi legali: "Va assolto". Giudici in camera di consiglio

Stefano Binda e nel riquadro Lidia Macchi

Stefano Binda e nel riquadro Lidia Macchi

Milano, 24 luglio 2019 - Caso Lidia Macchi. Oggi, mercoledì 24 luglio, seconda udienza davanti alla Corte d’assise di appello di Milano: potrebbe confermarsi parzialmente o vacillare definitivamente l’impalcatura del processo che lo scorso anno ha condannato all’ergastolo Stefano Binda, 52 anni il prossimo 12 agosto, ex compagno di liceo e di comunità religiosa (Cl) della vittima, Lidia Macchi, violentata e uccisa con 29 coltellate, a 21 anni, nel 1987. Dopo le dichiarazioni spontanee di Stefano Binda, la requisitoria del sostotuto pg Gemma Maria Gualdi, gli interventi dell'avvocato di parte civile della famiglia Macchi e dei legali dell'imputato, i giudici si sono riuniti in camera di consiglio. La sentenza è attesa per le 19. E' “il giorno più lungo“ – dal punto di vista processuale il secondo – per Stefano Binda, ora in carcere a Busto Arsizio. Non essendo detenuto per altra causa, in caso di assoluzione tornerebbe immediatamente in libertà.

LEGALI BINDA: "ASSOLTO, NON E' UN ASSASSINO" - "Vorremmo che questa immagine di Stefano Binda di un pazzo con la doppia personalità venisse cancellata. Non ho sentito una sola parola sul movente, che è stato costruito dopo la consulenza psichiatrica. In questi anni Binda non ha mai compiuto un gesto di violenza, e ha sempre pagato per i suoi errori". Lo ha detto Patrizia Esposito, avvocato insieme a Sergio Martelli di Stefano Binda. Il legale ha chiesto l'assoluzione del suo assistito perché non "ha ucciso Lidia" e di riformare la sentenza di condanna all'ergastolo per l'uomo emessa a Varese per omicidio volontario aggravato dalla violenza sessuale. L'avvocato ha aggiunto: "Binda ha passato 50 anni senza problemi, non ha condanne e non ha mai avuto guai togliendo qualche banalità legata alla droga" e dunque alla tossicodipendenza di cui ha sofferto in passato. Prima dell'avvocato Martelli, c'è stato l'intervento di Daniele Pizzi, legale di parte civile della famiglia Macchi. 

PG: "CONFERMARE ERGASTOLO" - I due legali hanno parlato dopo la requisitoria del sostituto pg Gemma Maria Gualdi, durata circa tre ore. Il pg ha provato a dimostrare che la lettera inviata il giorno del funerale della vittima fu mandata dal killer e quindi, secondo l'accusa, dal 51enne. "Il poeta anonimo è certamente Stefano Binda" e "Binda ha scritto quella lettera perché ha vissuto i fatti descritti", ovvero l'assassinio di Lidia Macchi.  "Quella poesia è stata scritta da Binda" si trova su un foglio che "proviene da un quaderno sequestrato a casa sua, fatto quest'ultimo ammesso dallo stesso imputato". E, secondo la Gualdi, vi è la "certezza scientifica" che il foglio sia stato prelevato da quel quaderno. Secondo il pg, è "inutilizzabile" la testimonianza resa la scorsa udienza dal penalista bresciano Piergiorgio Vittorini, che ha raccontato che nel 2017 un suo cliente gli avrebbe detto di essere l'autore della missiva. "Lo dico per i giudici popolari che hanno meno dimestichezza col codice - ha argomentato Gualdi - quando un testimone si riferisce ad altre persone, occorre sentire queste persone oppure la deposizione è inutilizzabile". Fatto che non è avvenuto poiché Vittorini non ha voluto rivelare identità del cliente avvalendosi del segreto professionale. Il pg ha così ripercorso l'intero quadro probatorio nei confronti di Binda. Al termine, ha chiesto di confermare la sentenza di primo grado della Corte d'assise di Varese: "Con la mano sul cuore chiedo di valutare la solidità e il radicamento delle prove. Consapevolmente e dolorosamente chiedo la condanno all'ergastolo".

BINDA: "SONO INNOCENTE" - All'inizio dell'udienza, la presidente della Corte, Ivana Caputo, ha chiesto invece a Stefano Binda se desiderasse rilasciare dichiarazioni spontanee. L'imputato si è alzato ed è andato a sedersi davanti al microfono dei testimoni. Rivolgendosi alla sorella di Lidia Macchi, presente in aula, ha detto: "Stefania, io sono innocente". La presidente lo ha subito corretto sottolineando di rivolgersi alla Corte e Binda ha continuato: "Non ho ucciso Lidia Macchi, non l'ho uccisa io, non so nulla di quella sera, ero a Pragelato (la vacanzaorganizzata da Gioventù Studentesca dal 1 al 6 gennaio 1987) con due pullman di persone con cui sono andato e tornato e solo allora (al ritorno) ho saputo della scomparsa (di Lidia Macchi). Sono estraneo a tutti i fatti, a tutti gli addebiti". E ancora: "Non ho spedito, non ho fatto arrivare a chicchessia nulla che fosse anonimo (lettera 'In morta di un'amica', spedita il giorno del funerale e considerata dall'accusa la prova regina contro Binda). Non ho ucciso persone, sono innocente". Il 51enne è tornato al suo posto e ha preso la parola per l'accusa il sostituto procuratorte generale Gemma Maria Gualdi.

ha collaborato GABRIELE MORONI

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