Omicidio Carbone, catturato il terzo uomo

Cernusco, Giuseppe Del Bravo avrebbe avuto un ruolo di supporto logistico nel delitto avvenuto la sera del 16 ottobre 2019

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di Barbara Calderola

e Nicola Palma

Il calice alzato per brindare alla fine di Donato Carbone, addosso un K-Way. Ora anche il “gregario” del delitto dell’usuraio di Cernusco ha un nome, Giuseppe Del Bravo, ed è finito in carcere come i complici, il mandante, il vecchio boss Leonardo La Grassa, e il killer, Edoardo Sabbatino, con l’accusa di concorso in omicidio aggravato, porto abusivo di armi e ricettazione. Secondo gli investigatori, ha avuto un ruolo di supporto logistico e organizzativo nella fase preparatoria del delitto e si ritrovò con gli altri due in un bar di Cologno per festeggiare dopo aver freddato il bersaglio davanti al box di casa, un’elegante palazzina in via don Milani 17, alle 18.30 di un giorno qualunque: il 16 ottobre 2019. Ai tre, i carabinieri del Nucleo investigativo di Milano, guidati dai tenenti colonnelli Antonio Coppola e Cataldo Pantaleo, sono arrivati grazie alle immagini delle telecamere di sorveglianza, incastrati con un’indagine “alla Maigret”, partendo dalle righe di una felpa di Sabbatino. Due le pistole usate per l’assassinio – una Makarov 9x18 clandestina – estratta dopo che l’altra, una Beretta 9x21 con matricola abrasa, si era inceppata al terzo colpo. All’inizio, gli 11 bossoli trovati a terra avevano fatto pensare agli uomini della Omicidi di via Moscova a un agguato mafioso. A innescare la vendetta, invece, probabilmente è stata una pendenza tra la vittima e l’ex narcotrafficante, che si conoscevano da anni. Sullo sfondo, il mondo del prestito a strozzo, una pista confermata dalle parole di Angela Carbone poche ore dopo la morte del padre: "Adesso sai quanti stanno brindando? I debiti svaniscono nel momento in cui il creditore non c’è più". Un giro di assegni in bianco firmati, ritrovati nell’appartamento di famiglia hanno corroborato l’intuizione.

Dietro al "nonno della porta accanto", così i vicini hanno descritto Donato Carbone "schivo, riservato, mai una parola fuori posto", c’era dell’altro. Tutto ruota attorno ai suoi rapporti con La Grassa, ex referente dei Corleonesi a Milano, 73 anni, 22 dei quali trascorsi in carcere. È lui che decise di fargliela pagare assoldando Sabbatino e l’amico Del Bravo. Furono loro a rubare nel bresciano la Opel Corsa usata quella sera. Fatale per la banda, la targa dell’utilitaria annotata dalla condomina alla quale l’assassino intimò di aprire il cancello per fuggire. Un percorso interamente ripreso dagli occhi elettronici e decifrato dagli investigatori.

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