Il rettore della Bocconi Verona: "Non ci sono più scuse. Ora innovazione"

Il rettore: su sanità, scuola e trasporti Italia impreparata alla seconda ondata. Ecco il piano strategico dell’ateneo

Migration

di Simona Ballatore

"Come in una guerra mondiale", con le università chiuse anche se l’attività continua a distanza. Con quell’imprevedibile Covid-19 "che ha inizialmente agito come uno tsunami" spiazzando la politica, "giustificata" in Fase 1, ma non nella seconda ondata, che ha trovato un’Italia "impreparata", "carente di una visione che potesse attrezzare adeguatamente settori nevralgici quali sanità, scuola e infrastrutture di trasporto" e con "protagonisti della scienza, che sono caduti nel tranello mediatico". Così il rettore Gianmario Verona inquadra lo scenario e punta sulla "ricostruzione", presentando il piano strategico 2021-2025 della Bocconi e dando il via, insieme al presidente Mario Monti e alla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, all’anno accademico.

Milano, "così bella, così ferita". "Ma Milan l’è on gran Milan", ha detto Ursula von der Leyen. Il rilancio parte da qui?

"È stato un bel messaggio: si riparte con l’innovazione e non ci sono più scuse. La presidente ha ricordato la solidarietà, che fa parte della storia di Milano. Io credo che il nostro quadro non sia diverso da quello delle grandi capitali d’Europa, da Londra a Parigi, e dagli hub internazionali dove la mobilità amplifica problematiche e contagi. La pandemia ha fatto da detonatore incredibile di macrotendenze. Bisogna accelerare, rendere i centri urbani più sostenibili, spingere sulla tecnologia digitale. E ripartire dal capitale umano".

Scuola, sanità e trasporti: la pandemia, ha ricordato lei, ha svelato gravi carenze.

"Ripeto, adesso non ci sono più scuse. I soldi ci sono, è stata fatta una dura battaglia per il Recovery Fund. Oro quei fondi bisogna realizzarli, cercando di evitare barriere, inerzie culturali, di non cadere nella burocrazia. È quello che più mi preoccupa. È un momento storico, di cambiamento, dobbiamo viverlo in modo proattivo".

Saranno temi centrali anche nel vostro piano strategico?

"Assolutamente. Abbiamo un centro di ricerca, “Cergas”, che è nato col sistema sanitario nazionale, negli anni Settanta, e si occupa della macrotematica della salute con professori esperti di economia-sanitaria, farmaco-economia. Corsi di laurea specialistici, master. Credo che il porfolio oggi sia completo. Stiamo investendo tantissimo sulle sfide della sostenibilità e del digitale; più che aprire corsi nuovi dobbiamo rileggerli con la nuova grammatica: quella del capitalismo sostenibile, in funzione di quello che abbiamo imparato in questi anni".

Il Covid ha colpito molte famiglie. Come evitare che alcuni studenti abbandonino?

"Siamo un’università privata, ma abbiamo cercato di rendere accessibile il sistema, aumentando le borse di studio con una politica ancora più “aggressiva” in piena pandemia e un impegno economico considerevole: oltre 36 milioni in borse e formule di agevolazioni che oggi raggiungono uno studente su quattro. Il merito per noi deve andare di pari passo con l’inclusione. Bocconi non è un’università elitaria e l’inclusione la decliniamo nelle diverse aree, dal punto di vista legato al genere all’internazionalità".

Il soffitto di cristallo con la pandemia si è però fatto ancor più spesso per le donne.

"Noi stiamo cercando di romperlo anche se partiamo da un gap storico per le materie Stem. Il sistema delle quote rosa è inapplicabile a livello accademico, bisogna lavorare su meritocrazia e processi. Aiutando a superare in modo oggettivo l’ostacolo. C’è uno studio americano che mostra come il coaching mentoring aumenti la possibilità di carriera. Lo stiamo facendo con le nostre docenti".

Fuga di cervelli: come evitarla?

"I cervelli vanno dove ci sono incentivi. I percorsi di crescita dei nostri studenti sono spesso internazionali, sono relativamente preoccupato sul breve periodo, dobbiamo attrarli sul lungo termine. Ci sta che un nostro studente venga impiegato in una grande multinazionale di Berlino, poi a Parigi, ma se in Italia c’è una piattaforma attrattiva tornerà a Milano. Il vero tema è come essere attrattivi in termini di professionalità da concedere alle persone talentuose".

Studenti internazionali: non c’è stata la tanto temuta fuga da Milano. Perché?

"All’inizio è stata una sorpresa, considerando che siamo stati i primi a ricevere la “sberla” della pandemia nel mondo occidentale. Mi sarei aspettato meno calore lo scorso aprile e maggio nelle application e invece abbiamo registrato un +8%. Si è capito quanto il problema fosse mondiale, hanno inciso il tema Brexit, la scure di Trump: i talenti europei hanno guardato meno alle università anglosassoni come punto d’approdo. Anche nella prima fase di selezione per il prossimo anno, abbiamo registrato un più 50% delle domande e un più 115% degli studenti stranieri".

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro