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MIlano - Non è solo questione di bere molta acqua ed evitare di uscire di casa nelle ore più calde, come raccomandano su ogni canale disponibile le autorità sanitarie quando la temperatura si avvicina ai quaranta gradi per proteggere la popolazione, soprattutto quella più fragile perché anziana o malata. Quella più colpita dall’eccesso di mortalità e di ricoveri in ospedale registrato anche durante l’ultima offensiva dell’anticiclone africano, come non è stato difficile prevedere all’Ats Metropolitana nell’allerta diramato una settimana fa: "Succede ogni volta che abbiamo grandi ondate di calore", conferma Nicola Montano, professore di Medicina interna alla Statale, direttore della Medicina generale, Immunologia e Allergologia del Policlinico di Milano, e firmatario di uno studio pubblicato nel 2019 sull’ European Journal of Preventive Cardiology . Uno studio in collaborazione con l’Areu: per due anni (2015 e 2016) i ricercatori hanno analizzato gli arresti cardiaci sui quali è intervenuto il 118 nell’area metropolitana di Milano estesa alla Brianza - circa quattro milioni di abitanti e livelli di smog tra i più alti in Europa -, e hanno collegato 5.761 casi con i livelli di Pm10 e Pm2,5 rilevati nella zona in cui erano avvenuti. Dimostrando non solo una correlazione tra l’esposizione a elevate concentrazioni di particolato (soprattutto tre giorni prima) e l’incidenza degli arresti cardiaci non legati a eventi traumatici, ma che questo rischio cresce ad alte temperature: dell’8,2% sopra i 23 gradi e fino al 14% sopra i 31 gradi. Professore, dunque il caldo può influire sul nostro corpo in maniere molto subdole. "Partiamo dal presupposto che non siamo fatti per gli estremi climatici: il grande caldo, così come il grande freddo, mettono a rischio la salute delle persone più fragili, anziane oppure non anziane ma molto malate". Temperature così elevate sono più pericolose del gelo? "Anche il freddo estremo è molto ...
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