Niccolò Agliardi ospite nella redazione de Il Giorno: "Ecco la mia metamorfosi"

L’artista non più solo autore: ora ci mette la voce

Niccolò Agliardi

Niccolò Agliardi

Milano, 25 settembre 2018 - Niccolò vs Niccolò. Per venticinque anni l’Agliardi autore ha avuto la meglio sull’Agliardi cantante, ma ora la doppia antologia “Resto” prova a riequilibrare le forze in campo. Come ha spiegato ieri in redazione al Giorno, nell’attesa di farlo domani pomeriggio (ore 18.30) alla Feltrinelli Red di Porta Romana, il cantautore milanese riprende in mano il suo passato reinventandolo alla luce (dello studio e) dell’esperienza. «Non ero soddisfatto. Per fortuna le canzoni cambiano nel tempo e pure il tuo modo d’interpretarle», spiega. «Una volta davanti ai miei limiti vocali mettevo la testa sotto la sabbia. Poi, grazie ai miei musicisti, ho imparato a trovare nel canto la stessa precisione che metto nello scrivere e così mi è sembrato giusto reincidere quei pezzi del passato senza auto-tune. Finalmente ora mi piaccio».

Nell’album le canzoni sono divise in due tomi: Ora e Ancora.

«In “Ora” ci sono le canzoni che sentivo il bisogno di ripensare integralmente assieme alla band, mentre in “Ancora” quelle che ho ricantato senza ritoccare però gli arrangiamenti più di tanto. Purtroppo nei libri e nei quadri quest’operazione non si può fare, mentre nelle canzoni sì e quindi vale la pena di provarci».

Due le cover.

«Beh, “Stiamo come stiamo” di Mia Martini e Loredana Berté è un pezzo che nel ’93, quando l’ascoltai a Sanremo, non riuscii a cogliere. Da ragazzo sofferto di depersonalizzazione, un sintomo dell’ansia, vivendo quasi una vita parallela e ascoltare quel pezzo rappresentava ogni volta un bello stimolo per rientrare in me. “Naviganti” di Fossati, con le sue quattro strofe senza ritornello, è invece la canzone che avrei voluto scrivere io. Lui e De Gregori, su cui ho fatto la mia tesi di laurea, rimangono due maestri assoluti».

La tesi, s’intitolava “Luoghi reali e immaginari nei testi di Francesco De Gregori”. Quali sono questi luoghi?

«La periferia un po’ pasoliniana della Leva Calcistica, ad esempio. Ma pure i luoghi interni come la casa in penombra di “Compagni di viaggio”. Di Fossati, invece, amo le descrizioni perfette di “Una notte in Italia”, i grandi orizzonti de “Treni a vapore”».

Perché “Resto”? E l’origami sulla copertina?

«Se c’è una canzone che sette anni fa avevo inciso proprio male, questa è “Resto”. Non mi emozionava e oggi quel pezzo mi rappresenta in pieno. L’origami del cavalluccio marino l’ho trovato, invece, su Internet».

Tre gli inediti, tra cui il primo singolo “Johnny”?

«Due anni fa nel romanzo “Ti devo un ritorno” ho descritto la vita due giovani uomini che si chiedono aiuto a vicenda. L’ha letto una psicologa che casualmente aveva visto pure la puntata programma di RaiUno “Dimmi di te” in cui raccontavo una delicata storia di affido; così sei mesi fa m’ha contattato per chiedermi se volevo tentare quel tipo di esperienza in prima persona. Diventare papà dall’oggi al domani di un ragazzo di 18 anni, il Johnny di quel brano appunto, è stata una bella sfida in cui ho buttato tutto me stesso».

A proposito di libri, in “Ma la vita è un’altra cosa”, scritto nel 2008 con Alessandro Cattelan racconta un viaggio immaginario attraverso l’Italia alla ricerca dei protagonisti delle grandi canzoni. Cosa avete trovato?

«Ho incontrato almeno un paio di Anna e Marco, avvolti dalla poesia di Dalla. Ma ho incontrato pure Chicco di “Chicco e Spillo” di Samuele Bersani. Anzi, me lo sono messo in casa perché è un meraviglioso bandito che cerca di sopravvivere tale e quale al mio Johnny».

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