'Ndrangheta, l’armiere del clan nel cantiere M1

Condannato a 16 anni per legami con i Bellocco, lavorava al prolungamento della metropolitana a Sesto

Cantiere della metropolitana

Cantiere della metropolitana

Milano, 11 ottobre 2018 - Era in una baracca, dove pare si appoggiasse di tanto in tanto. Lì lo hanno trovato i carabinieri di Sesto San Giovanni, che gli hanno notificato l’ordinanza del Tribunale di Palmi: condannato in primo grado a 16 anni come appartenente alla cosca di ’ndrangheta Bellocco-Cimato, il giudice ha ritenuto fondato il pericolo di fuga per Ferdinando Paparatto e ne ha disposto l’immediato trasferimento al carcere di Monza.

Il 50enne di Taurianova, stando a quanto risulta, lavorava come manovratore di escavatori e gru nei cantieri per il prolungamento della metropolitana rossa fino a Monza; la ditta che coordina i lavori, la De Sanctis Costruzioni, è completamente estranea ai fatti contestati e non era a conoscenza del passato criminale del suo dipendente. Sì, perché Paparatto era stato arrestato nel 2014 nell’ambito dell’operazione «Eclissi»: per la Dda di Reggio Calabria, l’uomo era parte integrante del clan Bellocco-Cimato di San Ferdinando. In particolare, secondo quanto si legge nel provvedimento emesso dal Tribunale di Palmi, aveva «il compito di assicurare le comunicazioni tra gli associati, eseguire le direttive dei vertici dell’associazione nell’interesse dell’intera organizzazione criminale»; e ancora, a Paparatto spettava l’onere di «custodire e movimentare le armi nella disponibilità della cosca all’occorrenza». In poche parole: «È a completa disposizione degli interessi della cosca, cooperando con gli altri associati nella realizzazione del programma criminoso del gruppo».

Paparatto era l’armiere della cosca: in una conversazione captata dagli investigatori, il cugino Gregorio Malvaso gli chiese di «prelevare parte del munizionamento che egli custodiva presso la propria abitazione». Di più: il 50enne non era solo il custode dell’arsenale, bensì era pure in grado di procurare pistole, come confidò ancora a Malvaso nel corso di un dialogo intercettato. Una settimana fa, è arrivato il verdetto di primo grado: condanna a 16 anni di reclusione. Due giorni dopo, i pm reggini Giulia Pantano e Gaetano Paci hanno inoltrato al Tribunale la richiesta di applicazione di misura cautelare motivata dal rischio che Paparatto potesse sparire per evitare il carcere: un pericolo di fuga giustificato dal fatto che «la cosca Bellocco-Cimato disponga di bunker e luoghi di nascondiglio, peraltro già utilizzati dall’organizzazione criminale di stampo mafioso per consentire la latitanza di altri componenti del sodalizio». L’istanza è stata accolta il 6 ottobre. E ieri è scattato il blitz dei carabinieri di Sesto, competenti per territorio.

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