Lonate, apre il bar della cosca: tutti gli altri locali chiudono (per rispetto)

Il boss inaugura la sua attività e i concorrenti abbassano le serrande

Il bar Atlantic di Lonate Pozzolo chiuso già dopo la prima operazione dei carabinieri

Il bar Atlantic di Lonate Pozzolo chiuso già dopo la prima operazione dei carabinieri

Milano, 6 luglio 2019 - Il giorno dell’inaugurazione, gli altri locali di Lonate Pozzolo rimasero chiusi. «Evidentemente in segno di rispetto», ipotizza il gip Alessandra Simion nell’ordinanza di custodia cautelare che l’altro ieri ha mandato 27 persone in carcere e 7 ai domiciliari nell’ambito dell’operazione anti-’ndrangheta «Krimisa» (il nome in greco di Cirò Marina). Sì, perché all’epoca il proprietario del bar Atlantic non era un imprenditore qualunque, bensì Salvatore De Castro, figlio di Emanuele, condannato in via definitiva per partecipazione ad associazione mafiosa. Così quella sera di qualche anno fa, come annotato dai carabinieri di Busto Arsizio il 14 marzo 2017 sulla base di una conversazione intercettata tre giorni prima tra Olindo Lettieri (il braccio destro di Mario Filippelli) e Agostino Dati, Emanuele avrebbe «esercitato pressioni sugli altri esercizi pubblici di Lonate al fine di agevolare la gestione del bar Atlantic, intestato al figlio Salvatore». Oltre agli arresti, il gip, in accoglimento della richiesta dei pm della Dda Alessandra Cerreti e Cecilia Vassena, ha disposto pure il sequestro del bar di via Dante 8, ritenuto dai militari del Nucleo investigativo di Milano uno dei principali luoghi di ritrovo dei boss della «locale» di ’ndrangheta.

Lì è stato filmato in due occasioni Giuseppe Spagnolo, l’emissario della cosca calabrese Farao-Marincola arrivato nel paesino del Varesotto per mettere fine alle violente diatribe tra le diverse fazioni (De Castro contro Filippelli) e siglare una «pax forzata» che avrebbe portato benefici e guadagni per tutti. E del resto parte della guerra sotterranea era passata anche da contrasti sulla gestione di esercizi commerciali nelle rispettive zone d’influenza: «Lettieri e Dati – scrive ancora il gip facendo riferimento allo scambio di battute dell’11 marzo 2017 – chiariscono che Emanuele De Castro si sarebbe opposto all’apertura del bar Booba (nella frazione di Sant’Antonino, diventata territorio esclusivo di Filippelli dopo la spartizione benedetta da Spagnolo, ndr), evidentemente allo scopo di favorire l’attività del bar Atlantic che stavano avviando in quei giorni. Il Booba Caffè diverrà poi un abituale luogo di ritrovo del gruppo di Filippelli, circostanza che aumentava la tensione tra i gruppi». Come testimoniato da una frase di Lettieri: «L’ha preso nel c. Emanuele (De Castro, ndr) quando Francesco ha aperto il bar, “tu non lo apri il bar”, poverino Francesco, non sapeva dove sbattere la testa». Alla fine, riprende il gip Simion, «solo l’intervento di Giuseppe Spagnolo avrebbe consentito l’apertura di tale attività commerciale». Come? Parlandone faccia a faccia con Emanuele De Castro, come affermato successivamente da Agostino Dati: «Eh lo so io, che poi l’ha portato nella cantina che l’ha fatto accucciare, ha detto “tu non devi far aprire altri posti, questa è un’attività che sta aprendo, tu cos’è che vuoi?”».

Che l’Atlantic non fosse proprio un locale come gli altri era già emerso nell’ottobre del 2018, quando i carabinieri di Busto Arsizio, coordinati dal pm Rosaria Stagnaro, gli avevano addirittura dedicato il nome dell’indagine su un cartello della droga composto da tre distinti gruppi criminali, che operavano nello smercio al dettaglio di stupefacenti, secondo l’accusa, con il placet dell’allora sorvegliato speciale Emanuele De Castro (in quell’occasione il cinquantenne palermitano fu accusato di aver violato per più di 15 volte le disposizioni dell’autorità giudiziaria). I soldi incassati dai pusher venivano reinvestiti nell’acquisto di attività commerciali, compreso il Malpensa Car Parking di Ferno. Proprio uno dei tre posteggi messi sotto sigilli all’alba di giovedì.

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