Movida rumorosa sui Navigli, residente fa causa al Comune ma la perde

Il Tar della Lombardia ha bocciato i quattro ricorsi presentati dalla donna, condannata anche a risarcire le spese legali a Palazzo Marino

Movida lungo i Navigli

Movida lungo i Navigli

Milano, 24 aprile 2019 - La zona dei Navigli di Milano è diventata «un luogo di ritrovo serale» e notturno per giovani «invivibile» per i residenti sia per gli «schiamazzi» e la musica ad alto volume che per i «rifiuti abbandonati», come bicchieri rotti, nelle strade e la «viabilità» compromessa.

Sulla base di queste lamentele una donna, che viveva proprio davanti alla Darsena, dove confluiscono i Navigli, e poi ha cambiato casa, ha deciso di portare il Comune di Milano davanti ai giudici del Tar della Lombardia, contestando una serie di delibere di riqualificazione dell'area che, a suo dire, avrebbero aggravato «tale situazione di disagio», ma ha perso. La quarta sezione del Tar milanese, presieduta da Angelo Gabbricci, infatti, non solo ha dichiarato «inammissibili» i quattro ricorsi presentati dalla donna contro altrettante delibere comunali, approvate tra il 2017 e il 2018, ma l'ha anche condannata a versare all'amministrazione comunale quattromila euro di spese legali. Uno dei ricorsi riguardava, ad esempio, una piattaforma galleggiante collocata nel bacino d'acqua artificiale della Darsena in vista dell'Expo del 2015 e poi mantenuta anche dopo. Su questo punto i giudici, però, non hanno ravvisato danni per il «diritto alla salute e al riposo notturno» della donna che «non ha saputo individuare un nesso diretto tra la piattaforma nella Darsena e le ulteriori attività» anche commerciali svolte in quel luogo, «da cui è comunque esclusa la somministrazione, anche notturna, di cibi e bevande». E allo stesso modo per il Tar altre linee guida dettate dal Comune su quell'area escludono «un possibile significativo pregiudizio per i diritti» della donna «e comunque non sono in alcun modo riconducibili alle situazioni di disagio da questa lamentate».

I giudici, tra l'altro, fanno notare che la donna, mentre era in corso il procedimento, tra un'udienza e l'altra, è andata ad abitare in un altro quartiere della città e, dunque, anche sotto questo profilo, quello della «improcedibilità», sono stati bocciati i suoi ricorsi.

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