Muore a 12 anni in ospedale. "Poteva essere salvato"

Vizzolo Predabissi, per i consulenti se Francesco fosse stato "operato in tempo avrebbe avuto il 90% di probabilità di sopravvivere"

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di Francesca Grillo

Francesco poteva essere salvato. Poteva sopravvivere, con una probabilità di oltre il 90%, se solo fosse stata eseguita una diagnosi appropriata. Aveva 12 anni Francesco Palomino Conga, viveva a Cervignano d’Adda, è morto il 30 dicembre 2019 all’ospedale di Vizzolo Predabissi.

Era entrato al pronto soccorso il 28 dicembre, lamentando fortissimi dolori all’addome. Ore di attesa, poi, finalmente, era stato sottoposto a un’ecografia che aveva evidenziato un blocco intestinale con necessità di operare. Il dodicenne è andato sotto i ferri alle 2.30 del 29 dicembre: durante l’intervento chirurgico gli erano stati asportati 38 centimetri di intestino. Poi, il ricovero in terapia intensiva. Un giorno di agonia, poi il decesso: il cuore di Francesco ha smesso di battere e non c’è stato nulla da fare per salvargli la vita. La Procura di Lodi aveva aperto subito un fascicolo per fare luce su ogni responsabilità. Un dolore immenso per i genitori che hanno chiesto giustizia. Non hanno mai smesso di lottare per quella tesi: Francesco poteva salvarsi se l’intervento fosse stato più tempestivo. Ora lo dicono anche i consulenti del giudice di Lodi. I genitori del bambino, assistiti dall’avvocato Giuseppe Badolato, sono ricorsi in sede civile contro l’Asst di Melegnano e della Martesana. Un medico si trova ancora a processo in sede penale.

"Dall’esame della documentazione sanitaria – si legge sulla relazione dei consulenti incaricati dal giudice – si ritiene che sussista un nesso causale tra condotte omissive dei sanitari e il decesso del giovane paziente. Le probabilità di sopravvivenza sono maggiori – sottolineano – nei pazienti giovani e senza comorbilità – coesistenza di più patologie diverse, cioè la presenza in una persona di più malattie, ndr – soprattutto se la diagnosi viene posta precocemente e l’intervento viene eseguito tempestivamente evitando che l’intestino vada incontro a necrosi". I consulenti evidenziano, infatti, che "nel caso del giovane, in sede di laparatomia, venne rinvenuta una massiva necrosi tale da rendere necessaria una ampia resezione intestinale di circa tre metri".

Numeri alla mano, se il dodicenne fosse stato sottoposto subito a un intervento chirurgico, le sue probabilità di sopravvivere sarebbero state del 90-97%, secondo gli esperti. La notizia non potrà cancellare o almeno alleviare il dolore della famiglia. Solo portare un po’ di verità e luce su un caso che ha sollevato indignazione, ma anche tanta vicinanza e solidarietà ai genitori di Francesco, Vicente, artigiano, e Cotrina, assistente famigliare. L’avvocato della famiglia, a gennaio di quest’anno, aveva depositato al giudice del tribunale civile di Lodi la relazione degli esperti Carlo Barnabei e Luciano Corbellini. Nelle loro conclusioni, mettevano in luce come il bambino avrebbe potuto salvarsi con un intervento più rapido. "Una semplice rx diretta addome e una ecografia sono state espletate dopo ben 14 ore da che il ragazzo era giunto in ospedale, manifestando peraltro un palese, progressivo ingravescente aggravamento. La condotta dei sanitari – scrivevano gli esperti – appare improntata a grave imprudenza che ha condotto repentinamente al decesso del giovane".

Il forte ritardo nelle cure che avrebbero dovuto, invece, essere tempestive, è stato sottolineato in tutte le sedi anche dal legale della famiglia. "La consulenza tecnica della Procura ha fatto emergere quello che già con i nostri esperti era stato notato – ha dichiarato Badolato –: in quelle ore, dal ricovero di Francesco alla prima diagnosi, c’è stato un forte ritardo che ha portato al decesso del ragazzo".

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