Milano, 23 maggio 2020 - I musulmani tornano a pregare in comunità dopo l’emergenza Coronavirus che ha imposto quasi tre mesi di sospensione dei riti collettivi. E ieri, venerdì, le «moschee» della città hanno accolto i fedeli mettendo in campo accorgimenti anti-contagio sul modello di quanto già avviene nelle chiese. «In 300 metri quadri possiamo ospitare contemporaneamente una sessantina di persone, mentre prima erano molte di più», spiega Islam El Garabawi, vicepresidente del Centro culturale islamico di viale Jenner. Ogni tappetino posato a terra deve essere distante almeno un metro da quelli vicini per evitare assembramenti, ergo lo spazio a disposizione si riduce. Il rito anti-contagio comincia prima della preghiera vera e propria: fin dal cancello. Prima di consentire l’accesso, infatti, un volontario misura la temperatura in tempo reale con l’apposita «pistola« (come quella utilizzata nei supermercati) e, se il display mostra meno di 37.5 gradi, un secondo addetto consegna guanti monouso da indossare. A quel punto scatta il via libera. Ogni nome viene registrato su un foglio per tenere il conto del numero di ingressi. Chi desidera, può lasciare un’offerta in un’apposita cassettina «da destinare alle persone della comunità che si trovano in un periodo difficile», sottolinea il vicepresidente. «Durante l’emergenza ci siamo già fatti carico di consegnare la spesa ai più bisognosi, mentre per guidare la preghiera solitaria abbiamo utilizzato Facebook». Ora si riconquista un po’ di normalità entrando nel cortile e raggiungendo la palazzina. In cima alla scalinata, i tappeti sono coperti di cellophane: materiale lavabile e removibile, più pratico da pulire e da togliere una volta finiti i viavai della giornata. Obbligatorio togliersi le scarpe (come sempre), solo che adesso occorre conservarle in sacchetti di plastica (messi a disposizione) prima di riporle sugli scaffali. «Vietato usare la toilette», sottolineano i volontari sul piano. Sempre in un’ottica antivirus. Dopo un corridoio, ecco la «moschea». Alle 13.45, inginocchiati sui tappetini ci sono circa 25 persone. Tutti uomini, «perché le donne pregano in momenti diversi». Finito tutto, la sala viene sanificata. In viale Jenner non riparte solo la preghiera: ricominciano i lavori per dar vita alla futura moschea, al piano terra, all’interno di quello che un tempo era un garage e che è stato rilevato dalla comunità musulmana. «Uno spazio che ha una superficie di 1.200 metri quadri – sottolinea il vicepresidente El Garabawi – e che ci consentirà di stare molto più comodi». L’area è ancora un cantiere «ma la sgombereremo e la utilizzeremo domani (oggi ndr) per festeggiare la fine del Ramadan». Una volta ultimata, «potremo pregare qui anche di venerdì, a pieno regime, e lasciare il tendone provvisorio nell’area del Palasharp» che peraltro, come segnalato su queste pagine nei giorni scorsi, durante il periodo di chiusura forzata è stato occupato da senza dimora.