Morto dopo trapianto, per i familiari fu omicidio colposo

I familiari del 61enne deceduto hanno presentato opposizione alla richiesta di archiviazione dell'inchiesta

Un medico (foto repertorio)

Un medico (foto repertorio)

Milano, 31 luglio 2018 - Era "più che fondata" l'ipotesi di omicidio colposo contestata a cinque medici finiti sotto inchiesta a Milano per il caso di un 61enne romano cardiopatico morto nel settembre 2016 all'ospedale San Camillo di Roma dopo un trapianto di un cuore prelevato a un 48enne al San Raffale di Milano e inviato d'urgenza nella capitale. Lo sostengono i familiari dell'uomo deceduto che nei giorni scorsi, tramite i loro avvocati, hanno presentato al giudice milanese Anna Calabi opposizione alla richiesta di archiviazione dell'inchiesta firmata l'11 luglio scorso dal pm milanese Francesco De Tommasi. 

Nell'atto firmato dai legali delle parti offese, si legge che la richiesta di archiviazione della Procura sarebbe "manifestamente infondata e censurabile" in quanto "non si limita al mero giudizio di delibazione della notizia di reato e degli atti ad essa successivi, ma straordinariamente entra nel merito compiendo valutazioni non consentite in questa fase del procedimento". Nel documento depositato davanti al giudice, che dovrà ora fissare un'udienza alla presenza delle parti e al termine decidere se ordinare o l'imputazione coatta o un approfondimento di indagine oppure archiviare il caso, si sottolinea che "in siffatta situazione, caratterizzata da un insieme di voci processuali diverse per provenienza e contenuti, è preclusa al pm la possibilità di decidere chi sia maggiormente attendibile, avendo l'unico compito di valutare se gli elementi a sostegno della notizia di reato la rendano manifestamente infondata". Nel luglio scorso il pm aveva invece ritenuto di chiedere  l'archiviazione dell'inchiesta a carico dei 5 dottori, due in forze all'ospedale fondato da Don Verzè e tre impiegati nella struttura capitolina, poiché dagli esami strumentali e clinici compiuti in questi mesi era emerso che il cuore era "idoneo" al trapianto e che quindi non vi fosse alcuna responsabilità da parte degli indagati.

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