Tifoso del Varese morto prima di Inter-Napoli, condanna definitiva a Manduca

Quattro anni al conducente dell’auto pirata. Escluso il "concorso doloso" di Daniele Belardinelli

L'agguato tra tifosi e Daniele Belardinelli

L'agguato tra tifosi e Daniele Belardinelli

Quattro anni di reclusione e nessuna attenuante. A quasi quattro anni dal drammatico Santo Stefano di via Novara, la Cassazione ha respinto l’ultimo ricorso del quarantaduenne napoletano Fabio Manduca, rendendo così definitiva la sua condanna per l’omicidio stradale aggravato di Daniele "Dede" Belardinelli, l’ultrà trentanovenne del Varese investito durante gli scontri tra tifosi nerazzurri e partenopei prima del match di campionato Inter-Napoli andato in scena a San Siro la sera del 26 dicembre 2018. Nell’istanza presentata dal legale dell’imputato, è stata innanzitutto evocata l’insufficienza di prove, parlando di "dinamica dell’accaduto" fondata "esclusivamente su elementi indiziari privi di certezza" e non corroborata da filmati né da perizie decisive.

Manduca ha contestato pure la mancata concessione delle attenuanti generiche e di quella, "ai fini civili", del concorso doloso della vittima, che, nell’interpretazione della difesa, avrebbe contribuito con la sua condotta "avventata e imprudente" all’incidente letale. Tesi respinte su tutta la linea dalla Suprema Corte. Per i giudici, le indagini della Digos hanno portato a escludere un coinvolgimento degli altri due veicoli sulla scena (un Ford Transit e un’Audi A3). Conclusione: non può che essere stata la Renault Kadjar guidata da Manduca (la "macchina scura, una specie di Suv", nelle testimonianze) a travolgere Belardinelli, anche perché sul giubbotto indossato dal varesino è stata isolata una traccia di colore scuro, "coerente con il materiale costituente il sigillante presente sotto la scocca della vettura" del quarantaduenne. Per quanto riguarda le attenuanti, i giudici d’Appello hanno tenuto conto dei precedenti penali "gravi e reiterati" di Manduca, nonché del suo comportamento processuale, "volto a sminuire" quanto accaduto quella sera e a "ottenere dichiarazioni a sé favorevoli" contattando "testi e coindagati". Escluso, infine il concorso doloso di Belardinelli, che per la Cassazione non si è esposto deliberatamente "a un rischio diverso e ulteriore rispetto a quello accettato da qualunque altro tifoso che gli marciasse accanto nella condotta di “assalto” al corteo degli avversari".

 

 

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