Mio papà morto con Covid, nessuno mi ha avvisato

Era arrivato alla Rsa Baroni il 6 marzo, poi il decesso all’Humanitas. "Dalla casa di riposo zero informazioni"

Il 9 maggio sul Giorno la denuncia dei tanti infetti tra gli ospiti della Rsa Baroni

Il 9 maggio sul Giorno la denuncia dei tanti infetti tra gli ospiti della Rsa Baroni

Milano, 5 giugno 2020 - «Mio padre era uno degli ospiti della Rsa Baroni. Si è spento all’Humanitas, dove è stato trasferito e trattato come paziente Covid. Ma dalla Rsa, gestita da Coopselios, non ho avuto comunicazioni sul fatto che mio padre fosse infetto. È morto il 29 aprile e io non ho ancora ricevuto l’esito del tampone eseguito il 23 aprile nella struttura. Mio padre non c’è più, lo so, ma è una questione di principio: a noi parenti è stata omessa una comunicazione essenziale. Perché? Avremmo avuto diritto di scegliere se portarlo a casa". A rivolgere la domanda dalle pagine del Giorno è Marina Pellinghelli, che ha perso il papà Guido, 89 anni, arrivato nella residenza sanitaria assistenziale di via Baroni 57/a al Gratosoglio il 6 marzo. "Noi parenti non potevamo immaginare che le Rsa sarebbero diventate focolai del virus. Mio padre aveva bisogno di assistenza: prima di via Baroni, era stato ricoverato per scompenso cardiaco in ospedale ed era stato dimesso. Ci è stato sconsigliato di portarlo a casa perché doveva essere seguito da esperti per i suoi problemi di salute. Per questo lo abbiamo accompagnato alla Rsa, anche se era lucidissimo. Fino a quando ci siamo potuti sentire al telefono, era soddisfatto del trattamento che riceveva, veniva curato amorevolmente".

La signora Pellinghelli lamenta il fatto che "la Rsa non ha sempre provveduto a informarmi: chiamavo io, una volta a settimana, ma dal 14 aprile è stato difficile parlare con chiunque. I primi tamponi sono stati eseguiti il 23 aprile, gli esiti sono arrivati il giorno dopo. Ma noi siamo stati tenuti all’oscuro". In totale, su 50 tamponi effettuati agli ospiti sintomatici tra aprile e maggio, 47 sono risultati positivi al coronavirus (su 67 anziani). "Io non sono stata informata della positività di mio padre – accusa Pellinghelli – pur avendo lasciato a disposizione due numeri di cellulare sempre attivi e una mail. Sabato 25 aprile alle 23.30 sono stata contattata perché le condizioni di papà si erano aggravate ed è stato trasferito all’Humanitas ma nemmeno allora sono stata informata: ‘gravi difficoltà respiratorie’, mi è stato detto da via Baroni. Ho saputo da un medico dell’ospedale che papà era affetto da Covid. Alla mia richiesta di spiegazioni alla struttura, mi è stato detto che il cellulare era irraggiungibile. Ma era sempre acceso e non ho ricevuto messaggi di chiamate perse". La signora denuncia che "il 6 marzo ho visto il personale senza mascherine né altre protezioni". Coopselios ha però sempre sottolineato di aver "provveduto a informare i familiari degli anziani sulle condizioni di salute dei congiunti" e che "il personale è stato sempre dotato dei necessari dispositivi di protezione individuale". Per loro, "sono stati applicati tutti i protocolli di prevenzione e protezione a tutela di lavoratori e residenti".

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