Infermiera lodigiana morì sotto i ferri, medici condannati

Pene confermate in appello. Errore durante l’intervento di chirurgia estetica

Rosa Angela Lavorgna infermiera di 46 anni morta a maggio

Rosa Angela Lavorgna infermiera di 46 anni morta a maggio

Milano, 1 aprile 2018 - Doveva trattarsi solo di un banale intervento estetico alle palpebre, in una clinica privata d’eccellenza a Milano. Ma Rosa Angela Lavorgna, infermiera di 46 anni dell’ospedale Maggiore di Lodi, morì a causa di un dosaggio troppo elevato di propofol, un farmaco anestetico usato per sedarla prima dell’intervento di blefaroplastica, nel maggio del 2015. Ora la Corte d’Appello di Milano ha confermato le condanne inflitte in primo grado con rito abbreviato a tre medici accusati di omicidio colposo. Per il chirurgo V.L. due anni e otto mesi di reclusione. Un anno, sette mesi e dieci giorni per il collega U.N.. La pena più severa per l’anestesista S.A.: tre anni, sette mesi e dieci giorni di carcere. Oltre a rispondere dell’accusa di omicidio colposo in concorso con gli altri imputati, il medico è stato condannato anche per peculato, perché avrebbe sottratto il farmaco che si è rivelato fatale per la paziente dall’ospedale dove lavorava.

La clinica privata è risultata estranea ai fatti, in quanto aveva solo messo a disposizione dei medici la sala ambulatoriale e le attrezzature. I tre camici bianchi, infine, hanno risarcito con quasi mezzo milione di euro i parenti della vittima, tra cui il marito e il figlio, rappresentati dall’avvocato Davide Ferrari. Rosa Angela Lavorgna viveva a Villanova Sillaro, nel Lodigiano. Lavorava nel reparto di urologia dell’ospedale di Lodi, e il marito le aveva regalato quell’intervento di chirurgia plastica, per “ringiovanire” le palpebre. Un’operazione chirurgica tra le più diffuse, considerata banale dagli addetti ai lavori, che solitamente si conclude nell’arco di mezz’ora. I medici si erano appoggiati alla clinica privata milanese, frequentata da molti clienti vip. L’errore nel dosaggio dell’anestetico ha provocato una lenta bradicardia, fino all’arresto cardiaco. Dopo la morte della donna la Procura aveva aperto un’inchiesta, coordinata dal pm Leonardo Lesti. Il processo di primo grado si era concluso con tre condanne, che ora sono state confermate con la sentenza della quinta sezione della Corte d’Appello, presieduta dal giudice Giovanna Ichino.

 

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