"Mia figlia uccisa da un manipolatore": la storia di Monica Ravizza a teatro

La ragazza fu accoltellata dall’ex nel 2003. Ora l’associazione fondata dalla mamma promuove lo spettacolo anti violenza

Milano - 8 luglio 2003 , a San Siro migliaia di fan applaudono Vasco Rossi in concerto. Mescolati alla folla ci sono Monica Ravizza e Roberto Ottonelli. I due non si conoscono. Monica morirà poco più di due mesi dopo, il 19 settembre, accoltellata e bruciata in parte dall’ex convivente Diego Armando Mancuso, operaio di 32 anni. La ragazza ne aveva 28 e aspettava un bambino. Roberto scriverà nel 2021 un libro incentrato sulla sua storia: “Credi davvero (che sia sincero)”, titolo ispirato alla prima canzone che Vasco cantò quella sera di luglio. Parole che nella sua testa sono poi risuonate come un monito da rivolgere a chi vive una relazione tossica: "Questa vicenda – spiega Roberto – mi ha scosso. Ho voluto scriverne anche perché Monica era amica di mia moglie e, attraverso di lei, ho imparato a conoscerla". Ora questo testo è alla base di uno spettacolo teatrale che ha lo stesso titolo, pronto a debuttare tra pochi giorni, a 19 anni dal femminicidio. "Un orrore che non posso dimenticare. Ma anche se mia figlia non c’è più è sempre con me", dice la mamma Maria Teresa D’Abdon mostrando la sua casa del quartiere Vigentino tappezzata di foto della figlia. Gigantografie sulla parete e immagini racchiuse dentro cornici d’argento. Non smette di guardare quella ragazza dai capelli biondi che resterà giovane per sempre. Una vita spezzata dalla brutalità di un uomo, che la donna aveva scelto come compagno di vita e che si è poi trasformato nel suo assassino.

«Monica – racconta mamma Maria Teresa – ha conosciuto Diego Armando Mancuso a maggio del 2003 e lui si è trasferito quasi subito a casa sua, in via Ugo Bassi, nel quartiere Isola. Io e mio marito non abbiamo mai visto quell’uomo, se non dopo, in Tribunale. Opprimeva mia figlia, la controllava. Quando lei ci veniva a trovare, le telefonava con insistenza. Una volta l’ha costretta a tornare a casa mentre si stava divertendo con le amiche, dicendole di aver dimenticato le chiavi". Monica lavorava come estetista. "Era una ragazza allegra, piena di passioni. Con lui si era spenta". Una volta scoperto di essere rimasta incinta ("cosa che noi familiari non sapevamo"), ha provato a lasciare il compagno. Forse aveva intenzione di interrompere la gravidanza. "Non voleva avere più un legame con lui ma poi ha accettato di vederlo per un “incontro chiarificatore” – continua la mamma –. A un’amica aveva confidato: “Lui non mi farebbe mai del male”. E invece l’ha uccisa. Mancuso non accettava che lei potesse lasciarlo". La signora D’Abdon ricorda la terribile notte della tragedia. "Poco prima delle 3 ci chiamò una vicina di casa mia figlia perché usciva fumo da una sua finestra. Io e mio marito siamo corsi in via Ugo Bassi trovando la strada transennata; nell’androne del palazzo c’era una barella. Ho pensato che mia figlia fosse salva. Invece la barella era per Mancuso, che dopo aver ucciso mia figlia ha tentato il suicidio. Io mi sono sentita male quando ho capito che Monica non c’era più. Mi mancava il respiro. Una sensazione che ancora non mi abbandona. Anche perché Monica non ha avuto neanche giustizia".

Condannato inizialmente a 18 anni, Mancuso ha beneficiato di uno sconto di pena in appello (16 anni e 8 mesi). "Cinque anni dopo poteva già uscire dal carcere per lavorare. Come posso sentirmi, se non straziata una seconda volta? Non ha mai chiesto perdono". La signora racconta anche di aver voluto conoscere di sua iniziativa la mamma di Mancuso "ma, quando ho parlato con questa donna, lei ha giustificato il figlio. Allora non ho più voluto saperne. Oggi che anche mio marito non c’è più, la mia forza sono i miei figli Annamaria e Francesco". E si batte perché la storia di Monica non si ripeta: con Letizia Marcantonio (mamma di Rossana Wade, assassinata dal fidanzato nel 1991) ha fondato “Associazione Difesa donne: noi ci siamo” per contrastare la violenza di genere. La signora D’Abdon è “voce amica“ per donne che si trovano in difficoltà, promuove incontri nelle scuole e non solo. "Non sottovalutate i campanelli di allarme. I manipolatori sono abili a isolare le loro vittime e nessuno è immune: mia figlia era una persona tosta, determinata, indipendente, eppure è caduta in trappola".

La stessa associazione ora presenta lo spettacolo teatrale ispirato alla storia di Monica che debutterà martedì 20 nell’ambito del Fringe Festival al Ciq di Cascina Casottello in via Fabio Massimo. Regia di Alice Grati. In scena, gli attori Francesca Macci e Nino Faranna. Appuntamento poi il 22 settembre al Sidhe di Cusago e il 30 alla Fabbrica del Vapore.

 

 

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