Rivoluzione della moda: "Valori e lusso gentile della Gen Z svelati anche con i Maneskin"

Francesca Ragazzi, Head of editorial content di Vogue Italia. Voluta da Anna Wintour, da quindici mesi racconta l’arte lo stile e la cultura italiana con una lente diversa rispetto al passato

Francesca Ragazzi

Francesca Ragazzi

Milano - È stata scelta da Anna Wintour ("Francesca porta con sé una grande conoscenza del mondo della moda italiana e globale") ed Edward Enninful, e questo la dice lunga sulla "gavetta" di questa giovane donna italiana di 34 anni. Francesca Ragazzi è da quindici mesi Head of editorial content di Vogue Italia, scelta da Condè Nast per supervisionare le operazioni editoriali, la strategia e la visione di Vogue Italia. Una che non "se la tira" (e parliamo pur sempre di un gruppo leader globale nel settore del giornalismo di moda), una Millennials che guarda alla generazione Zeta, ai suoi sogni, con il compito di interpretarne i gusti, sviluppare un giornalismo attento ai valori delle nuove generazioni e, nel contempo, ai valori di Vogue da rappresentare su tutte le piattaforme, in tutti i contenuti.

Francesca è stata una bella scommessa anche per una corazzata come Vogue... "Da far tremare i polsi...stiamo vivendo un cambiamento generazionale, è indiscutibile, a livello di pubblico e di audience. Quindi dobbiamo parlare il loro linguaggio, alimentare il sogno della moda che è meno esclusivo e sempre più inclusivo. Questa generazione è meno vincolata a canoni estetici standard ma più ai valori; non legata ad un’idea di perfezione esclusiva, ma ai princìpi di community, unita dalla voglia di riconoscersi in un brand che agisca con criteri riconoscibili".

Rispetto agli anni Ottanta, e sulla spinta delle nuove generazioni, come sta cambiando il mondo della moda? "Siamo di fronte a potenziali consumatori più attenti ai valori, interessati a conoscere la tracciabilità del prodotto, la storia dell’azienda che lo produce e gli sforzi per renderlo “unico“, sostenibile. Questa è una sfida nuova per noi che dobbiamo raccontare e per chi deve fare il prodotto. C’è più attenzione al “ben fatto“ e realizzato in Italia. Si avverte un grande bisogno di fare “sistema“, ridare vita ad un nuovo orgoglio italiano e a tutta la filiera del “fatto a mano“".

Anche la comunicazione si adegua.. "Quello che stiamo facendo passare in redazione è che il medium può essere diverso, dai social alla carta, ma il contenuto deve essere di altissima qualità, sempre verificato, molto curato anche a livello iconografico, perchè la generazione Z è più sensibile all’immagine. E deve essere rilevante per il mercato in cui lo propongo".

Un progetto che la rende orgogliosa? "Il racconto che abbiamo fatto dei Måneskin, sull’ultimo numero di dicembre. Ci lavoravamo da tanto, siamo felici di averli fotografati, svelati con una lente diversa, in una conversazione molto autentica, fra lo stilista Alessandro Michele ( ex direttore creativo di Gucci, ndr ) e la band. Un esempio di storia italiana che valeva la pena di amplificare. Che piacerà ad un pubblico affamato di novità".

I giornali sono in crisi... "Capisco... vedo però crescere una generazione che ha tanta voglia di esprimersi utilizzando tutte le piattaforme a disposizione. Penso ad esempio alla nostra ultima edizione di PhotoVogue festival a Milano, con un’affluenza mai registrata prima. C’è voglia di cultura e anche di interazione fisica. Non ci si deve lamentare, solo fare".

Anche la 14esima edizione di Convivio è andata bene, oltre le previsioni. Lei è a capo di un nuovo comitato promotore. "E’ stato bello ripartire dopo i due anni di Covid, e mettere insieme cultura, moda, salute, solo apparentemente mondi diversi. Convivio ritornerà fra due anni, spero sempre alla Fabbrica del Vapore, rinnovato. Stiamo già lavorando, pensiamo ad uno shopping trasversale aprendo ancora di più al design e al vintage".

Da Bologna a New York è stato un bel salto. Poi Milano. Primo bilancio? "C’è stata una tappa intermedia, Parigi, dove è iniziata la collaborazione con il gruppo Condè Nast. Un lungo percorso fatto di ostacoli, anche errori, tanto ascolto, cura, rispetto per chi lavora con me nel gruppo. Questi ultimi quindici mesi sono stati faticosi ma entusiasmanti".

Com’è lavorare con Anna Wintour, direttore di Vogue America? "Mi piace perché si fida delle persone che lavorano per lei, crede nel team. È un apprendimento costante, ci invita a fare sempre meglio nel rispetto degli altri e delle circostanze, a non accontentarsi mai, ma anche a godersi le soddisfazioni…. Un incoraggiamento a rimettere in discussione lo status quo e a seguire l’istinto. Divoratrice di contenuti e storie, crede nel giornalismo di altissima qualità. Pensa sempre alla sua audience".

Le piace Milano? "Si, soprattutto Chinatown dove abito. Nel poco tempo che mi resta dopo il lavoro amo girare in città ed esplorarla".

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