Andrea
Maietti
Ho ritrovato il testamento olografo di nonno Battista. Poche parole nell’italiano
storpio che gli aveva consentito la precaria frequenza della seconda Elementare:
“Viracomando tanto di non venga un disacordo pensate ai vostri cari non anno preso
nulla da nesuno ricordate abiamo fatto tutto per il vostro bene chiudo il mio pensiero
col cuore pieno di lagrime ciau tutti”. Tutto qui, ma quanto! Raca a voi tutti, figli e nipoti, se leggendo riderete di questo formidabile lascito morale di un
contadino che ha sentito il rintocco della sua sera. Un contadino che aveva quattro
campi quattro, e crollava via la fatica fumando la pipa sulla soglia di casa; ascoltando
le nuove del nipotino che a scuola era arrivato al liceo. “Ti te ve a scola - diceva- te
farè un mesté net”. Un mesté net, un lavoro pulito. Di pulito c’erano i tuoi occhi,
nonno. E il fascino dei tuoi racconti. Come quello del compaesano, campione delle
poveriadi di Costaverde. Eccelleva nel salto con l’asta. Tre metri segnati da una
bindella di lino sostenuta da due forcelle da bucato. Prima del salto si carburava con
un intero cul di polenta. Chiudeva con una caraffa di asprigno clinton. Poi ruttava di
soddisfazione, prima dalla bocca nobile e poi dall’altra, le mani appoggiate al tavolo
dell’osteria e una gamba alzata a far da mantice. Imbracciata la pertica delle noci,
prendeva poi la rincorsa e balzava oltre i tre metri della bindella, tonfando nel fosso
sottostante in allegria.
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