Il ricordo di Maurizio torna al 19 aprile del 1979, quando cinque colpi di 357 Magnum spazzarono via la vita del fratello maggiore, l’agente della Digos di Milano Andrea Campagna. "I miei genitori avevano comprato da poco la televisione a colori – racconta – e io stavo guardando “Jeeg robot d’acciaio“, un cartone animato molto popolare all’epoca. Attorno alle 13.45 mia madre ha ricevuto una telefonata. Era Cecilia, la fidanzata di Andrea. Ha detto: “Lo hanno ammazzato“. Ho visto mia madre invecchiare di dieci anni in dieci secondi, la nostra vita è andata in frantumi". Campagna fu colpito alle spalle, davanti alla casa della fidanzata in via Modica, alla Barona. A decretare la sua condanna a morte, eseguita da Cesare Battisti, i Proletari Armati per il Comunismo. Battisti è in carcere e, di recente, la Cassazione ha stabilito che la pena per Luigi Bergamin (latitante per decenni in Francia e arrestato l’anno scorso, ndr) non è prescritta. "Loro hanno sempre detto di essere in guerra e i crimini di guerra, come sono gli omicidi dei terroristi, non si prescrivono. Sconti la pena in Italia, come sta facendo Battisti". Che ricordo ha di suo fratello? "Quando è stato ucciso aveva 24 anni, sette in più di me. Si doveva sposare, era contento della sua vita e del suo lavoro. Aveva la stessa età di Battisti, solo che lui era pieno di sogni nel cassetto mentre il suo assassino era pieno solo di odio. Andrea sapeva di fare un lavoro pericoloso, ma la cosa che fa più male è il fatto che sia stato colpito alle spalle. Le oltre 500 vittime di terrorismo erano persone comuni, come lui. Aveva appena comprato una macchina nuova, una Alfa Sud. Quel giorno avevo in programma di andare con lui dalla fidanzata per metterla in moto, ma ...
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