Milano, smart working: il sindaco Sala lancia l’allarme

Il primo cittadino: sono preoccupato, le aziende riducono gli spazi. C’è il rischio che poi passino a tagliare il personale

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di Massimiliano Mingoia

Premette: "Non sono contrario allo smart working". Ma il sindaco Giuseppe Sala teme che alla lunga la modalità del lavoro da casa per ridurre il rischio contagio da Covid-19 possa avere conseguenze negative sugli spazi di lavoro e, soprattutto, sul numero di dipendenti delle aziende. Il primo cittadino lo dice a chiare lettere durante il dibattito sullo smart working organizzato dal Partito democratico ieri pomeriggio all’East River di fianco alla Martesana: "Le aziende sono ciniche, dovranno trovare delle formule per ridurre costi. Stanno cominciando dagli spazi. Questo a Milano è evidentissimo. Ma il rischio è che si prosegua con il personale. Da sindaco non posso non preoccuparmi quando vedo una torre sbarrata". Il sindaco si riferisce ai grattacieli, ad esempio a quelli di CityLife, vuoti o quasi perché i dipendenti delle grandi aziende stanno lavorando ancora da casa.

Lo scenario che Sala descrive non è incoraggiante, il pericolo che la riduzione degli spazi negli uffici sia solo una premessa per drastici tagli del personale esiste. Non è la prima volta che il numero uno di Palazzo Marino lo dice, ma ripeterlo a metà settembre, quando la città dovrebbe ripartire, significa che il trend partito durante il lockdown e proseguito nei mesi seguenti proseguirà ancora, almeno fino alla fine dell’anno. Non a caso, poco dopo, dialogando con Marco Bentivogli sui contenuti del libro “Indipendenti. Guida allo smart working’’ scritto proprio dall’ex segretario generale dei metalmeccanici della Cisl, Sala aggiunge: "Il prezzo che Milano pagherà sarà alto perché qui le cose andavano bene, ma Milano tornerà ad essere la città guida perché abbiamo visione su cosa deve essere il futuro e ci arriveremo".

Uno spiraglio di speranza nel futuro di Milano c’è, ma la transizione di breve periodo non sarà semplice. Nel lungo periodo, invece, il capoluogo lombardo potrà aspirare a tornare ai livelli post-Expo 2015, cioè alla città dalla grande immagine internazionale e dai turisti arrivati a quota dieci milioni nel 2019 prima che scoppiasse l’emergenza sanitaria: "Cosa mi aspetto dalla Milano del 2023? Mi immagino una città più collaborativa, io credo nel pensiero collettivo e nell’azione collettiva, Milano deve attingere alle sue qualità. Le università e le capacità imprenditoriali di Milano non ci sono da nessuna parte. Ora noi dobbiamo passare da una società basata sui consumi e che si muove su dinamiche diverse. Ma Milano ha nel suo dna queste cose, ma ci vorrà del tempo".

Sempre in tema di lavoro, il primo cittadino allarga il discorso e guarda a uno scenario più nazionale: "Se il lavoro si sta trasformando in modo così radicale il nostro Statuto dei lavoratori, che è del 1970, è ancora qualcosa su cui possiamo fare conto o bisogna rinnovarlo drasticamente?". La domanda è retorica, il messaggio di Sala è che lo Statuto dei lavoratori, che ha ormai 50 anni di vita, dovrà essere profondamente modificato, anche per far fronte ai cambiamenti introdotti dallo smart working nella vita delle persone.

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