Milano, rider reintegrato da Just Eat dopo il licenziamento "lampo"

Il pakistano vince la battaglia. Autunno caldo per i fattorini: prima assemblea e ultimatum all’azienda

Una protesta dei rider della multinazionale Just Eat

Una protesta dei rider della multinazionale Just Eat

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Per mesi ha lavorato come rider autonomo e nel maggio scorso, al momento di essere inquadrato da Just Eat come lavoratore subordinato, è arrivata la doccia fredda. Licenziato prima ancora di prendere servizio, dopo la visita di idoneità e il corso su salute e sicurezza, con una motivazione che suona come una beffa: "Esito negativo della prova". Il rider milanese, di origine pakistana, assistito dal sindacato Uiltucs ha vinto la sua battaglia e dovrà essere reintegrato da ottobre nella flotta della multinazionale che in Italia, unica fra i big del delivery, ha offerto ai fattorini un contratto di lavoro subordinato. Ha fatto ricorso in Tribunale, assistito dagli avvocati Pironti, Laratro e Vitale. E l’azienda ha deciso di tornare sui suoi passi, in sede di conciliazione sindacale, ritirando il licenziamento. "Seguiamo da anni il settore – spiega Mario Grasso, funzionario Uiltucs – e purtroppo non siamo nuovi a queste situazioni. Ci auguriamo che la ripresa del tavolo di confronto con Assodelivery veda la più ampia partecipazione dei lavoratori e delle categorie sindacali". Michele Tamburrelli, segretario della Uiltucs Lombardia, sottolinea che "la gig economy ha bisogno di una regolamentazione adeguata a livello europeo". Il ricorso del rider pakistano licenziato dopo mesi di precariato per non aver superato una prova che in realtà non aveva mai svolto è la punta dell’iceberg di nuove tensioni fra just Eat e i sindacati, dopo la “luna di miele“ per la scelta della subordinazione che ha rotto il fronte di Assodelivery. "A quasi sei mesi dalla partenza del modello Scoober a Milano, che ha previsto l’assunzione di tutti i rider Just Eat come dipendenti, non mancano certo le criticità", spiega Davide Contu, rider e delegato sindacale della Filt-Cgil. "Tra le problematiche più sentite c’è sicuramente quella dei numerosissimi contratti da 10 ore – prosegue – che in questi mesi l’azienda non ha incrementato, nonostante dimostri costantemente di avere bisogno che i rider restino in servizio più delle ore minime stabilite per contratto: è infatti regolare e costante l’utilizzo dell’orario supplementare che arriva a punte anche del 100%, confermando che il mancato incremento dei contratti minimi non deriva dalla mancanza di lavoro ma dalla volontà dell’azienda di tagliare i costi poiché l’orario supplementare non produce maturazione di ferie né mensilità aggiuntive". Ma ci sono anche passi avanti, con una presenza del sindacato che si rafforza e sfocerà nella convocazione della prima assemblea retribuita, diritto impensabile in altre aziende del delivery. In cantiere una piattaforma di richieste, in un autunno che potrebbe essere segnato da nuove proteste e scioperi nel settore. Intanto per i rider Just Eat è scattato l’obbligo del green pass dal 15 ottobre. "Tutti i riders – si legge in una email inviata ai fattorini dall’azienda – dovranno essere in possesso e poter esibire in fase di controllo il green pass". Chi è senza "non riceverà la retribuzione e verrà considerato assente ingiustificato". La grande incognita è su come verranno effettuati i controlli, su personale che lavora sempre sulle strade.