Milano, tenta di uccidere per vendetta. Ma va a processo solo 12 anni dopo

Per una identificazione scorretta l’allora 19enne non aveva ricevuto l'avviso di garanzia e si era dileguato

Lo scontro tra le due gang di latinos Banda 18 e Mara Salvatrucha 13 avvenne nel 2010

Lo scontro tra le due gang di latinos Banda 18 e Mara Salvatrucha 13 avvenne nel 2010

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Milano - ​A processo per tentato omicidio e lesioni, dodici anni dopo avere cercato di ammazzare un rivale della "Banda 18", per vendicare la morte di un affiliato della "Mara Salvatrucha 13" che aveva perso un occhio durante una rissa. Dodici anni, per un cavillo giuridico, un errore nel verbale di identificazione che pure era avvenuta quel giorno di agosto del 2010 al parco Trotter, zona ora nobilitata dalla neonata NoLo, ma che all’epoca era spesso terreno di scontro tra bande del Salvador.

L’identificazione avvenne con il nome corretto, ma non ci fu avviso di garanzia, quindi il giovane, senza precedenti, che all’epoca aveva 19 anni, uscito dall’ospedale in cui fu curato per qualche giorno, si allontanò e prese un aereo per il Salvador dove rimase dieci anni, indisturbato, fino al 2020. Intanto la giustizia, lenta, ha fatto il suo corso e non ha dimenticato il 19enne, che quel pomeriggio del 2010 era stato fermato da un poliziotto in borghese che si trovava casualmente a passare in via Padova e aveva dato supporto ai colleghi nell’identificazione e accompagnamento dei giovani in questura.

L’aggressione del rivale nella rissa che aveva coinvolto una decina di giovani, di varie nazionalità era stata molto violenta. Modalità da spedizione punitiva, con la vittima designata raggiunta, circondata dal gruppo di ragazzi e colpita per vendicare lo “sgarro“, spaccato di una Milano insaguinata da una criminalità parallela, con regole precise, organizzazione molto articolata, con capi promotori e membri operativi che punivano gli affiliati a gang rivali, oltre a «simpatizzanti», cioè «civili» che fornivano aiuto e informazioni. Lui, il 19enne responsabile delle coltellate, era un «simpatizzante», in procinto di affiliarsi e come “prova“ aveva tentato di uccidere il rivale. 

L’aggressione, la polizia e l’identificazione. Lui, fu tecnicamente «accompagnato» in questura, e all’accompagnamento seguì un verbale di identificazione sbagliato che non diede seguito ad un avviso di garanzia, che lo rendeva “indagato“. Fu così che dalla questura fu portato in ospedale per le cure e da lì uscì come normale, libero, cittadino. E quella notte, archiviata come “bravata“.Tornò a casa e si imbarcò per tornare in Salvador. Il suo nome però, era rimasto tra gli identificati di una vecchia rissa andata un po’ troppo oltre. E un controllo in strada casuale, ha riportato a galla il suo passato.

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