"Milano ha la “febbre“ del caro-casa"

Jonathan Bazzi, autore del libro-denuncia sulla vita nei casermoni di Rozzano, intende lasciare la metropoli, ormai lusso "per pochi"

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di Laura De Benedetti

"La situazione case a Milano è irreversibile".

Sta facendo discutere il tweet dello scrittore Jonathan Bazzi, 36 anni, già nella sestina del premio Strega 2020 con ’Febbre’ (Fandango), libro con cui ha comunque conquistato numerosi riconoscimenti, tra cui il Kihlgren Opera prima, il Farheneit e il Bagutta Opera Prima.

"Ormai è prassi chiedere 700 euro per una stanza e almeno 1000 per un monolocale - twitta Bazzi, trasferitosi a Milano a 21 anni per sfuggire alla sua città natale, Rozzano, dove si sentiva "un bersaglio mobile", come denunciato nel suo bestseller -. E andrà sempre peggio. Questi standard non sono sostenibili, se non per pochi. Inizio a pensare che il futuro non sarà più qui, nella mia città”.

Dei prezzi alle stelle registrati a Milano dall’Osservatorio del mercato immobiliare 2002 (Nomisma) nel primo semestre 2022, Il Giorno aveva già dato conto a luglio: l’aumento è del 6%, il doppio che altrove. Un incremento che non ha risparmiato le periferie. ll trend per i prossimi 3 anni prevede una nuova impennata del 12%. Il rincaro è legato a doppio taglio dall’incremento delle compravendite, pari al +24,2%. E il capoluogo lombardo è considerato anticipatore delle tendenze immobiliari in Italia.

Bazzi si era sentito "più libero ma anche più sicuro" a Milano, dopo aver lasciato i palazzoni di Rozzano dove aveva vissuto una adolescenza difficile, ed era cresciuto in un "microclima che è fisico, estetico, culturale e di linguaggio, fonte di fortissima segregazione".

Lo scrittore, autore anche del recente “Corpi minori“, ha vissuto "fra Lambrate, Città Studi e Porta Venezia", poi in zona Ortica, dove risiede attualmente.

Tantissimi i commenti raccolti sui social in risposta allo sfogo, dal tono peraltro perentorio, dello scrittore.

Una Milano solo per ricchi? Ne sono convinti i più che spiegano come sia meglio risiedere in periferia o pagare un mutuo nell’hinterland anziché versare affitti stratosferici per restare nel capoluogo. O trasferirsi a vivere nei piccoli centri di provincia per una qualità di vita ritenuta migliore e non priva di servizi. Qualcuno difende con orgoglio Milano, parlando del rincaro come del prezzo che si paga per vivere nelle grandi metropoli: “Quanto si spende a Manhattan?".

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