Milano, ecco come cambierà Città Studi

Accordo tra Comune, Regione e Università Statale

Il Politecnico di Milano

Il Politecnico di Milano

Milano, 21 febbraio 2021 - La svolta impressa al piano di rilancio del quartiere di Città Studi sta tutta in quelle 8 pagine. Quelle appena inviate dalla Regione Lombardia al Comune di Milano e all’Università Statale. Quelle di cui consta la bozza del Protocollo d’Intesa che Palazzo Marino e l’ateneo sono ora chiamati a leggere e condividere, salvo eventuali punti che ritengano da emendare. Ma il percorso ormai è avviato, come riportato su queste pagine nelle scorse settimane.

E il fatto stesso che ci sia una bozza di “Protocollo d’Intesa“ e che questo sia ristretto a soli tre firmatari dimostra che gli orientamenti su Città Studi sono cambiati, che l’Accordo di programma avviato dal Comune a novembre del 2017 ed allargato a più soggetti (Politecnico, Bicocca, Demanio, Besta e Istituto Nazionale dei Tumori) è ormai destinato a fare da cornice ma il cuore del piano sta in quelle 8 pagine in via di condivisione, sta in un Protocollo calibrato sul nuovo progetto della Statale e più adatto, si ritiene, ad essere finanziato nell’ambito del Recovery Fund. In quelle 8 pagine si formalizzano una dopo l’altra le svolte e i nodi che hanno scandito questa virata. Meglio leggerlo, allora.

Innanzitutto si conferma che l’università «intende mantenere la sua presenza in Città Studi», nonostante il trasferimento delle facoltà scientifiche nell’ex area Expo, dismettendo, quindi, assai meno di quanto fosse nei piani dell’ex rettore Gianluca Vago. Nel dettaglio, si legge che la presenza dell’ateneo in quartiere sarà confermata attraverso «il trasferimento di dipartimenti e corsi di laurea triennale, magistrale a ciclo unico, magistrale, programmi di dottorato, nell’ambito di un processo di razionalizzazione delle sedi nell’area cittadina e metropolitana, occupando sempre una quota significativa delle aree e degli immobili presenti». «Il trasferimento nell’area Expo di alcuni dipartimenti scientifici localizzati nel comparto di Città Studi – si legge ancora – non pregiudicherà la forte vocazione universitaria di Città Studi». 

Confermato non solo l’indirizzo generale del piano, ma anche le sue declinazioni concrete, come la trasformazione in studentati delle tre torri del Magistretti e la creazione di un polo per la ricerca computazionale nell’edificio di via Golgi, meglio noto come “Balena Bianca“: «Nel rispetto dei vincoli presenti – si legge –, alcuni manufatti esistenti potrebbero essere rivisitati e ospitare nuove funzioni legate allo sviluppo della ricerca (...). Le sedi di Biologia di via Celoria e via Golgi, esempi distintivi dell’opera dell’architetto Magistretti, con l’uso espressivo di elementi iconici, potrebbero essere ripensate quale complesso destinato a residenze universitarie. Ampi spazi potrebbero essere destinati alle esigenze dei dipartimenti umanistici e a laboratori di ricerca innovativi di carattere interdisciplinare riferibili in primo luogo alle cosiddette scienze dure». Per lo sviluppo del nuovo polo di ricerca computazionale si continua a pensare a partnership con con colossi delle telecomunicazioni, a partire da Telecom. 

Il terzo passaggio saliente della bozza di Protocollo è quello che riguarda l’eventuale coinvolgimento di Arexpo anche nella partita per Città Studi. La Spa, come noto, è proprietaria dei terreni ex Expo, quelli sui quali sorgerà il nuovo campus scientifico della Statale. E lavorerà al campus insieme a Lendlease. Ora potrebbe avere un ruolo anche nel ripensamento della presenza dell’ateneo in Città Studi che, come dichiarato a dicembre dal rettore Elio Franzini, punta ad uno sviluppo tripolare: la sede centrale di via Festa del Perdono, le sedi di Città Studi e il campus nell’area ex Expo. «Le parti – si legge a pagina 6 della bozza – si impegnano ad effettuare le dovute variazioni (rispetto a quanto descritto finora ndr), qualora se ne dovesse determinare la necessità, anche attraverso il coinvolgimento di Arexpo, in qualità di società specializzata nell’attuazione di progetti di rigenerazione urbana». L’ultima nota è per le modalità di finanziamento di un piano il cui costo è stimato in 170 milioni di euro. Sempre a pagina 6 della bozza, le parti si impegnano a «verificare il possibile utilizzo di fondi comunitari», quali quelli del Recovery Fund. Ora tocca a Comune e ateneo metterci la firma.  mail giambattista.anastasio@ilgiorno.net

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