Milano, altra brusca frenata in metropolitana: nove feriti. Inchiesta della Procura

Treno inchioda a Cadorna e i passeggeri cadono a terra: convoglio sotto sequestro

Feriti in metropolitana

Feriti in metropolitana

Milano, 10 marzo 2019 - «Ho tenuto forte il passeggino e sono riuscita a rimanere attaccata alla sbarra. In tanti sono caduti, alcuni avevano le bici con loro e si sono ritrovati a terra con le biciclette addosso». A parlare è una signora filippina, al bar della metropolitana di Cadorna a Milano. C’era anche lei, ieri pomeriggio, a bordo del convoglio della linea rossa che ha inchiodato all’improvviso attorno alle 16: per fortuna, lei e il suo piccolo di pochi mesi stanno bene. Il bilancio finale parla di nove contusi, quasi tutti in maniera lieve: in quattro sono stati portati in codice verde in vari ospedali della città, altri quattro sono stati solo assistiti sul posto dai sanitari del 118; una 70enne è stata invece portata all’Humanitas in codice giallo, anche se le sue condizioni non destano particolari preoccupazioni. 

Si tratta del secondo caso simile nel giro di sei giorni, visto che la stessa scena, in quell’occasione tra le stazioni di Piola e Loreto della verde, si era ripetuta pressoché identica lunedì scorso: ad avere la peggio il 57enne Luca Realdon, portato al Niguarda con fratture composte multiple al bacino e dimesso con una prognosi di 60 giorni. In realtà, gli episodi sono molti di più, su entrambe le linee. E in Procura c’è un’inchiesta aperta per approfondire la questione: il treno coinvolto ieri nella frenata d’emergenza è stato posto sotto sequestro per effettuare tutti gli approfondimenti del caso. L’altro giorno, Atm ha parlato di un errore umano da parte del macchinista, che, mandato in confusione dal suono contemporaneo di due allarmi in cabina (come egli stesso avrebbe riferito all’azienda), avrebbe ignorato il «rosso semaforico» che impone di rallentare la marcia fino a fermarla per poi ripartire alla velocità di 15 chilometri orari.

Anche nell’incidente della fermata Uruguay di metà novembre (17 contusi, compresi due bambini di 8 e 10 anni), si era parlato di una disattenzione del conducente, «tradito» da un leggero dislivello non calcolato che aveva fatto accelerare il treno fino a tre chilometri più del consentito in quel tratto. Diversi invece i casi di Palestro (verificatosi lo stesso giorno di quello di Uruguay) e di Cairoli del 15 febbraio 2018. Per quanto riguarda quello di Cairoli, in particolare, avevamo ricostruito all’epoca che una delle boe installate a livello binari per monitorare in tempo reale la velocità dei convogli (sulla rossa ne arriva uno ogni 90 secondi nella fascia di punta mattutina) aveva inviato al treno Leonardo poi arrestatosi di colpo un segnale di anomalia, che aveva a sua volta innescato il freno automatico. Un’anomalia che in realtà non c’era. È successo lo stesso anche ieri? E quelle anomalie «fantasma» potrebbero essere in realtà la spia di malfunzionamenti del software centrale che dialoga con le boe da remoto? Atm ha sempre smentito questa ipotesi.

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