Monsignor Delpini celebra la messa di Pasqua in Duomo: "L’umanità in lacrime reagisce"

Il testo integrale dell'omelia 'Va’ dai miei fratelli e di’ loro' pronunciata dall'arcivescovo

Monsignor Delpini durante la messa pontificale di Pasqua

Monsignor Delpini durante la messa pontificale di Pasqua

Milano, 21 aprile 2019 - Pubblichiamo di seguito 'Va’ dai miei fratelli e di’ loro', l'omelia pronunciata da monsignor Mario Delpini, arcivescovo di Milano, in occasione della messa pontificale di Pasqua celebrata in Duomo. 

La desolazione per l’assenza irrimediabile. Notre Dame brucia: una emozione ha convocato i popoli d’Europa davanti agli schermi, un sentimento condiviso, come feriti da un dramma comune, da una ferita che fa soffrire tutto il continente. Notre Dame brucia: l’Europa si è sentita unita dal dolore per una rovina al patrimonio comune, al simbolo in cui si riconosce figlia di una storia di fede, d’arte, di convergere di risorse per edificare qualche cosa di memorabile per la gloria di Dio e per esprimere l’identità di una civiltà. Notre Dame brucia: l’Europa si è sentita impotente, inadeguata a difendere i suoi tesori, precaria anche in quello che sembrava invece definitivo. Forse l’umanità si può riconoscere nella donna in pianto all’esterno del sepolcro vuoto: l’esperienza di un amore che non riesce a salvare e la desolazione per l’assenza irrimediabile.

“Riceverete la forza dallo Spirito Santo”. L’umanità in lacrime talora reagisce con uno slancio di intraprendenza e di orgoglio: ricostruiremo! C’è una impazienza che forse assomiglia più alla presunzione che alla determinazione volonterosa: non mancherà a Parigi il luogo che attira tanti turisti, il simbolo di una storia tanto gloriosa! Si riconosce quell’impazienza che abita tra i discepoli: “Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele? (At 1,6). C’è una ricerca che è chiamata a conversione: Maria cerca il corpo di Gesù morto. È una ricerca che deve convertirsi all’incontro con il Signore vivo. Siamo chiamati a orientare la nostra ricerca secondo la chiamata di Gesù, a cambiare direzione: non il recupero di un passato, ma l’aprirsi del cammino verso il futuro. La donna desolata e rassegnata è chiamata a conversione. La Chiesa tentata di essere scoraggiata e triste è chiamata a conversione. L’Europa desolata e risentita, amareggiata e rassegnata è chiamata a conversione. Non si tratta di mettere mano a una impresa di restauro, ma di dedicarsi a una nuova seminagione. Non si tratta di dimostrare quello che sappiamo fare, quanta capacità di organizzazione possiamo esprimere, quante risorse possiamo mettere in campo, si tratta di portare un’aria nuova, di far sgorgare una sorgente d’acqua viva, di operare per forza di Spirito Santo:  iceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi (At 1,8a).

La vita nuova, quella che nasce a Pasqua. La conversione che richiama Maria a rivolgersi a Gesù, la conversione che richiama la Chiesa a disporsi ancora a ricevere la forza dallo Spirito Santo, la conversione che chiama i popoli di Europa a intraprendere nuovi cammini si può descrivere nei suoi due aspetti più decisivi. Il primo aspetto riguarda il principio, il momento sorgivo della novità cristiana, la parola imperiosa che chiama a rettificare la ricerca. La parola decisiva è stata “Maria!”. Ella si voltò e gli disse: “Rabbunì!” – che significa: “Maestro!”. Il principio è la voce che chiama, la voce di Gesù vivo, che chiama a volgersi a lui, a incontrarlo non come un corpo da recuperare, ma come un Maestro che è vivo, è via verso la vita. La persuasione che siamo vivi perché chiamati alla vita, che siamo chiamati alla vita perché siamo amati, che siamo amati per la decisione irrevocabile del Padre di renderci partecipi della sua vita non deriva da una filosofia ma dall’incontro con Gesù vivo. L’incontro con Gesù vivo è il principio e il fondamento e l’inesauribile sorgente di luce, di gioia, di carità, di filosofia, di arte, di civiltà: da questo civiltà sono nate le sintesi teologiche e le cattedrali, i capolavori dell’arte e i miracoli della carità, la sapienza nell’interpretare la dignità della persona e l’impegno per edificare una società giusta, solidale, fraterna. Siamo vivi perché chiamati per nome: la vita è risposta alla vocazione all’incontro con Gesù vivo.

Il secondo aspetto riguarda la responsabilità. L’incontro con il Risorto rende responsabili dell’annuncio pasquale: va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro (Gv 20,17). Tutti quelli che hanno incontrato il Signore Gesù e l’hanno riconosciuto vivo, hanno ricevuto una missione compiere, hanno ricevuto un messaggio da portare. Perciò oggi si rinnova il mandato: andate a dire ai fratelli che Gesù, il crocifisso, siede alla destra del Padre; andate a dire che la via di Gesù porta alla gloria; andate a dire che siamo destinatari di una promessa di vita che vince la morte. Chi, come Gesù, con Gesù, fa della sua vita un dono d’amore fino al compimento, sarà glorificato come Gesù, con Gesù presso Dio, Dio mio e Dio vostro! Andate a ricostruire il convivere dei popoli edificato sulla parola di Gesù, con lo stile di Gesù. Così sarà possibile ricostruire una civiltà, ricostruire una fraternità. Così forse sarà possibile anche ricostruire Notre Dame non come un monumento per i turisti, ma come una casa accogliente per mostrare un segno, una croce luminosa, e nel cuore dell’Europa dare al continente ragioni di speranza.

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