Menù digitale, doppi guanti e caos di regole

Ripresa all’insegna della "massima igiene" per i ristoratori tornati a far servizio ai tavoli. Qualcuno lamenta "ambiguità" sulle linee guida

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di Annamaria Lazzari

Da ieri, per ordinare da “Quore Italiano”, in piazza XXIV Maggio, al posto del “vecchio” menù di carta, bisogna scansionare un Qr Code: sullo schermo del cellulare appare così la lista digitale dei piatti. E sui tavoli, con tovagliette usa e getta, le posate non ci sono. Le porta, quando si accomoda il cliente, il cameriere bardato con mascherina e guanti. Chi fa cassa e tocca i contanti, di guanti ne deve addirittura indossare un doppio paio, cambiandoli con elevata frequenza. Sono alcune delle novità, all’insegna della massima igiene, che ha voluto introdurre Beatrice Beani, 31 anni, ex advisor che ha mollato proprio nell’anno del coronavirus una famosa società di consulenza per dedicarsi all’attività di famiglia: "Quando si dice un battesimo di fuoco".

L’iniziativa però non le manca: ieri il suo ristorante era uno dei pochi aperti in zona "nonostante le indicazioni per la riapertura le avessimo ricevute solo a mezzanotte. Da giorni però ci eravamo attrezzati per cercare di ridurre il più possibile il contatto" spiega Deani che è coordinatore della catena, specializzata in specialità parmensi, che in città ha altri tre locali. Per dipendenti, fornitori e clientela al tavolo è obbligatorio il rito della misurazione della temperatura che non deve superare i 37 gradi e mezzo. I posti a sedere in Ticinese sono passati da un centinaio a una quarantina a causa dell’obbligo di mantenere un metro di distanza fra un tavolo e l’altro. Sono quindici dipendenti nel locale in Ticinese ma alcuni sono rimasti in cassa integrazione perché il lavoro si è “asciugato”: "A mezzogiorno al ristorante abbiamo avuto sette clienti".

La sicurezza è un mantra anche per la succursale della storica trattoria Magolfa sempre in piazza XXIV Maggio. Amir Abu Qwaider spiega di aver distanziato i tavoli 2 metri al posto di 1 metro previsto dalle linee guida, col risultato di ridurre i posti a 35, quasi la metà rispetto a prima. Per evitare lo spreco il menù è stato un po’ ridotto ma "i prezzi sono rimasti gli stessi" assicura Amir.

Chi è un po’ arrabbiato è Ottavio Adducchio, il chef patron de “Le striatelle di Nonna Mafalda” in via Vigevano e non solo per i due clienti a mezzogiorno. Il problema è il "caos delle regole. Secondo l’ordinanza regionale i tavoli devono essere disposti in modo da garantire il distanziamento di almeno 1 metro, salvo in caso accompagnamento di minori di sei anni o persone non autosufficienti mentre per Epam tra le eccezioni ci sono anche i congiunti. Se viene una famiglia che faccio?". Così come sbuffa di fronte all’obbligo di mantenere per 14 giorni l’elenco dei soggetti che hanno prenotato. Ma soprattutto non gli garba la misurazione della temperatura: "Mi hanno preso per uno sceriffo?". Di plexiglas non ne vuole neppure sentire parlare: "Ci manca solo l’effetto San Vittore" dice.

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