Medico violentatore, quelle visite da incubo in viale Jenner: al vaglio altre segnalazioni

L’infettivologo ai domiciliari per sei violenze sessuali, ascoltate dai pm anche le amiche delle vittime. Il senso di impunità nei messaggi WhatsApp

Gli abusi sarebbero avvenuti nell’ambulatorio in viale Jenner

Gli abusi sarebbero avvenuti nell’ambulatorio in viale Jenner

Milano - Gli abusi sessuali che hanno portato all’arresto dell’infettivologo milanese Marco D’Annunzio, denunciati da sei ragazze, potrebbero essere solo la punta dell’iceberg. Per questo gli inquirenti, che nei giorni scorsi hanno anche diffuso il numero 02-54332520 per raccogliere segnalazioni, stanno vagliando anche altri casi nell’ambito di un’inchiesta che potrebbe allargarsi.

Accertamenti delicati, che si aggiungono alle corpose testimonianze già raccolte a partire dall’anno scorso, quando la denuncia della prima ragazza che si è presentata in Procura ha fatto scattare l’indagine. Nel corso dell’interrogatorio di garanzia davanti al gip Giulio Fanales, D’Annunzio, ex dirigente medico infettivologo del Crh-Mts di viale Jenner di Milano, centro specializzato in malattie a trasmissione sessuale dove sarebbero avvenute le violenze, si era avvalso della facoltà di non rispondere. Presto potrebbe decidere, assistito dall’avvocato Andrea Soliani, di sottoporsi a un interrogatorio per chiarire la sua posizione. Intanto resta agli arresti domiciliari, mentre prosegue l’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Letizia Mannella e dal pm Alessia Menegazzo.

Gli elementi raccolti finora, alla base dell’ordinanza di custodia cautelare a suo carico, fanno trasparire un quadro di violenze commesse sempre con lo stesso modus operandi. La scelta delle prede fra donne giovanissime e fragili, che si presentavano nel centro in viale Jenner per sottoporsi a controlli o per problemi di salute. E le visite si trasformavano in un incubo. Palpeggiamenti con il pretesto di una ispezione ai genitali, richieste "inusuali" sulle abitudini sessuali, frasi oscene e infine violenze che lasciavano le vittime sotto choc e con la paura di denunciare temendo di "non essere credute". Alcune di loro si sono confidate con le amiche, che sono state a loro volta ascoltate da investigatori e inquirenti. "La mia amica si sentiva in dovere morale di rispondere ai messaggi del sanitario nonostante il forte imbarazzo provato durante la visita – ha fatto mettere a verbale una ragazza – dal momento che aveva ricevuto assistenza medica anche in periodo feriale".

Una delle vittime ha riferito ai familiari di essere rimasta "sbigottita" per le modalità della visita, un’altra ha "supplicato" il medico "di fermarsi". Gli abusi in questo caso si sono interrotti solo grazie alla presenza, nella struttura, della inserviente che stava pulendo i locali. La ragazza, così, è riuscita a fuggire. Nell’inchiesta ci sono anche i messaggi, dal contenuto esplicito, che il medico inviava su WhatsApp alle pazienti, con pesanti molestie e l’invito a "festeggiare insieme nel tuo locale preferito". In alcuni casi si faceva dare il numero di telefono personale con la scusa di consulti. Altre volte, invece, lo avrebbe recuperato, violando ogni norma sulla privacy, impossessandosi dei dati lasciati dalle ragazze al momento dell’accettazione.

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