Medici organizzano un convegno “a cielo aperto”: cure domiciliari, discutiamo sullo schema terapeutico

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La materia è incandescente. Ci sono medici di famiglia che curano a domicilio i malati di Covid-19 adottando un particolare "schema terapeutico". Domenica, dalle 15, alcuni di loro ne discuteranno all’Arco della Pace in occasione di "una conferenza a cielo aperto" dal titolo chiaro: "Covid: rinasceremo con le cure". A salire sul palco anche Andrea Mangiagalli, medico di medicina generale di Pioltello, 60 anni, del gruppo organizzatore dell’evento “Medici in prima linea” che riunisce circa 200 colleghi del Milanese, riunitisi in chat dall’inizio della pandemia. Mangiagalli dichiara di aver preso in carico circa "200 soggetti, non solo miei pazienti" con sintomi Covid-19 adottando "uno schema terapeutico" che varia a seconda del malato ma che contempla "anticoagulanti, immunomodulanti, antibiotici quando servono e il cortisone in una fase più avanzata della malattia. Tra loro c’è anche idrossiclorochina. La quasi totalità di questi 200 pazienti non ha messo piede in ospedale: in alcuni il decorso della malattia è stato lieve, per altri più serio e lungo, tanto che è stato necessario supportare la respirazione con l’ossigeno ma col vantaggio di essere quasi tutti rimasti a casa accuditi dai loro familiari". Negli ultimi mesi sulle terapie domiciliari per il virus si è scatenata una battaglia.

Il Consiglio di Stato, con provvedimento del 23 aprile, ribaltando la decisione precedente del Tar del Lazio, ha accolto il ricorso dell’Agenzia italiana del Farmaco e del ministero della Salute. I giudici hanno respinto l’istanza cautelare richiesta da un gruppo di medici contro la nota dell’Aifa del 9 dicembre con i "principi di gestione dei casi Covid 19 nel setting domiciliare" che prevede nei primi giorni di malattia "vigile attesa" e somministrazione di fans e paracetamolo, ponendo indicazioni di non utilizzo di altri farmaci. "Queste linee guida vanno benissimo per pazienti con basso rischio di evoluzione della malattia, tendenzialmente giovani, non per chi soffre di altre patologie complicate. Pensiamo inoltre che per i grandi anziani con quadro generale di comorbilità l’ospedale aggiunga poco: non sono candidabili alla ventilazione, spesso si disorientano e se muoiono lo fanno senza essere circondati dai loro cari. Sarebbe molto più logico a nostro giudizio curarli a domicilio".

Annamaria Lazzari

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