Mazzola: "Coltivare la memoria è un vaccino contro razzismo e violenza negli stadi"

Leggenda del calcio, crede nella capacità dei giovani

Sandro Mazzola (NewPress)

Sandro Mazzola (NewPress)

Milano, 23 gennaio 2018 - Oggi alle 18 si terrà nel Memoriale della Shoah della Stazione Centrale, una visita guidata riservata al mondo del calcio, quindi non aperta al pubblico. All’iniziativa, che non ha precedenti, hanno risposto con entusiasmo molti club calcistici tra cui Lega Serie A, Inter, Milan, Juventus, Napoli, Udinese e Fiorentina, Dipartimento Calcio Femminile. D’altronde sono troppi gli episodi di violenza e razzismo negli stadi. Tra le personalità del mondo del calcio presenti: Javier Zanetti, Alessandro Antonello, amministratore delegato dell’Inter, Gianni Rivera, Marco Fassone, ad del Milan con il direttore sportivo Massimiliano Mirabelli. Hanno aderito anche Gianluigi Donnarumma detto Gigio e Andrea Conti del Milan. Saranno presenti anche lo scrittore Maurizio De Giovanni e Alessandro Cecchi Paone.

«Dico che è il momento giusto per iniziative di questo genere. Per dire basta a certi comportamente apertamente razzisti. Visitare il Memoriale della Shoah può insegnare a tutti qualcosa, può essere una risposta agli episodi di discriminazione e xenofobia che segnano il nostro vivere quotidiano». Sandro Mazzola non ha bisogno di presentazioni. È, a 75 anni, per tutti il «fuoriclasse» dell’Inter e della Nazionale. Una leggenda vivente. Con la maglia nerazzurra in 17 stagioni ha contato 565 presenze, 158 gol, 4 Scudetti, 2 Coppe dei Campioni, 2 Coppe Intercontinentali.

Mazzola anche lei come molti altri personaggi dello sport e dirigenti delle maggiori squadre ha risposto alla chiamata, perchè?

«Troppa violenza ancora negli stadi, dai cori razzisti agli insulti che non risparmiano nessuno. Non riesco a spiegarmi il motivo di tanto odio. Solo attraverso un’azione educativa si può pensare si riprendere in mano la situazione.

Giusto trasmettere la memoria. E io sono sempre stato sensibile a questi temi. Ho letto parecchio sull’argomento. Quando andavo in ritiro mi portavo almeno due libri da leggere».

Ha mai visitato Auschwitz?

«Si, tanti anni fa, in occasione di una partita Italia-Germania. Io e i miei compagni di squadra siamo stati accompagnati da una guida. E’ stato un pugno nello stomaco. Eravamo talmente sconvolti che abbiamo perfino temuto di non farcela a giocare quella partita...».

Questa visita aiuta a ricordare alcune personalità della storia del calcio: Arpad Weisz, Carlo Castellani e Giorgio Ascarelli, personaggi discriminati per questioni razziali o politiche come nel caso di Ferdinando Valletti, operaio all’Alfa Romeo. Partecipò agli scioperi in fabbrica del marzo 1944, fu arrestato e deportato proprio qui dal Binario 21 ma tornò...

«Si trovo sia una cosa giusta e bella quella che stiamo facendo. Le giovani generazioni hanno bisogno di sapere, di conoscere il passato per progettare il futuro. Ho comunque molta fiducia nei giovani».

Ha nipoti?

«Certo. Indovini come si chiama».

Valentino....come suo padre, il leggendario capitano nel Torino.

«Già, la sua mano era la mia strada. Il piccolo Valentino ha delle buone qualità come calciatore. Io non ho mai incoraggiato nessuno dei miei nipoti. Ma lui appena arriva a casa mi dice: dai nonno andiamo a giocare a pallone. Quando fa le partite cerco di non farmi vedere, mi nascondo. Ma se fa gol io esulto, allargo le braccia e lui così mi scopre. Dop la partita mi dice: ti ho visto nonno!».

C’è anche Gianni Rivera al Memoriale...

«Ah no.... e allora resto a casa!».

Due stelle del calcio, accomunati da classe, eleganza e fedeltà. Ha incarichi ancora nel mondo del calcio?

«No. Giro fra gli oratori della mia Brianza, abito a Vedano al Lambro, e mi guardo qualche partita. Mi piace molto stare con i ragazzi. Amo il calcio anche se è cambiato rispetto ai miei tempi. Perchè c’è una regola che è rimasta la stessa: chi vale ce la fa».

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