Marco Smerilli da Milano all'Antartide: "Io, chef nel deserto di ghiaccio"

Dal ristorante Arabesque all'avventura con temperature sottozero

Tecnici e ricercatori con il cuoco Marco Smerilli

Tecnici e ricercatori con il cuoco Marco Smerilli

Milano, 26 aprile 2018 - Temperature che possono arrivare fino -80 gradi, venti gelidi e isolamento totale, con WhatsApp e Skype per mantenere i contatti con l’Italia. Dalle calde atmosfere del ristorante Arabesque di Milano, in largo Augusto, al deserto di ghiaccio del Polo Sud, uno dei luoghi più inospitali del pianeta. Marco Smerilli, 36 anni, marchigiano d’origine e milanese d’adozione, è il cuoco della stazione di ricerca italo-francese Concordia in Antartide, gestita dall’Enea (l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico) e dall’Ipev (Institut Polaire Paul-Emile Victor). Un team composto da 13 persone per nove mesi in condizioni di completo isolamento, per 16 settimane senza vedere il sole.

Dove ha lavorato prima di partire per l’Antartide?

«Dopo la Scuola internazionale di cucina italiana ho lavorato in Italia, in Belgio e in Australia. A Milano alla Pescheria Schooner al Mercato del Suffragio, da Peck a Palazzo Italia nel periodo Expo e all’Arabesque».

Perché ha scelto di partecipare al concorso per la missione in Antartide?

«Non ho mai lavorato in luoghi estremi come questo, è un’esperienza che volevo fare. Ho partecipato ai colloqui e alla selezione da parte del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide, finanziato dal Miur e coordinato da Enea e Cnr. Prima di partire abbiamo sperimentato l’adattamento alla quota su un ghiacciaio del Monte Bianco a circa 3.200 metri».

Come si svolgono le giornate al Polo Sud?

«I ricercatori svolgono gli esperimenti, per i tecnici le giornate sono più ripetitive. Io mi alzo la mattina presto per fare il pane poi mi organizzo per pranzo. Attorno alle 17 sono di nuovo in cucina, verso le 19.30 si mangia. Di sera c’è chi legge, chi ascolta musica, chi scrive, chi lavora o chi guarda un film. Il sabato sera invece cerchiamo di organizzare una festa o una serata a tema. La domenica ci si rilassa, abbiamo anche una sauna».

Come vi arrivano i viveri?

«Per mezzo di caterpillar che partono dalla base francese sulla costa. Una piccola parte di cibo, il fresco, arriva per via aerea».

Quali sono le ricette di uno chef al Polo Sud?

«Ogni giorno cerco di differenziare. A pranzo un primo, un secondo di carne o di pesce e un paio di contorni. La sera un piatto unico e due o tre volte alla settimana un dolce per i più golosi».

Ci sono stati momenti difficili?

«Finora l’isolamento e questo ambiente “marziano” non ha creato problemi. Siamo un gruppo molto unito».

Che cosa farà dopo questa esperienza?

«Per il momento mi godo questa avventura più unica che rara. Di sicuro penso che viaggerò, prima di tornare definitivamente al lavoro».

Che cosa le manca dell’Italia?

«Oltre agli affetti i paesaggi: le montagne, le colline e il mare».

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