di Giovanni Chiodini "Siamo pronti ad accoglierli ma sarà difficile, anche perché nessuno di loro vuole separarsi dai genitori, nessuno se la sente di lasciare il paese sapendo che laggiù rimarrebbero la mamma, il papa, la nonna, i fratelli e gli amici...". Maria Rita Maggioni, referente del Comitato Accoglienza bambini di Cernobyl, vive con ansia questi momenti. "Tutti i giorni ci sentiamo con i bambini e le bambine che sono stati qui a casa mia negli anni scorsi. Li sentiamo piangere. Hanno paura, sono terrorizzate com’è comprensibile. Uno mi ha anche detto che non sa se domani sarà ancora vivo. Questa frasi mi ha paralizzata". "Nessuno in Ucraina si aspettava una cosa del genere, soprattutto l’attacco portato da tutti i fronti e a diverse città contemporaneamente". È da quando è stato sferrato l’attacco che i contatti si sono fatti più frequenti. "A volte sentiamo anche il rumore dello scoppio delle bombe. Ci raccontano di come si stanno organizzando. Alcune famiglie stanno allestendo dei rifugi nelle cantine delle loro abitazioni. Altri sono ormai da giorni che vivono nella metropolitana di Kiev. Mi hanno detto che l’altra notte, proprio lì, è nata una bambina". Un segno concreto di speranza. "Una ragazza mi ha detto che ha cercato con la famiglia di espatriare. Giunti a 90 chilometri dalla frontiera dell’Ucraina con la Polonia hanno desistito: le auto erano ferme, c’era una fila da lì alla frontiera. E poi c’era il rischio di venire separati dai genitori e dai fratelli. I soldati - racconta ancora Maggioni - fermavano le auto e obbligavano tutti a scendere. Gli uomini dai 18 ai 60 anni venivano segregati, perché in età da poter combattere". "Uno dei nostri ragazzi che frequenta la scuola in una sorta di convitto è stato costretto ad abbandonarlo. Gli hanno detto di tornare a casa, ...
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