Mamme, fuga obbligata dal lavoro. Ecco perché accade

In Lombardia cre sce ancora il numero di donne che si dimettono “volontariamente” dopo il primo figlio

Tatiana Biagioni

Tatiana Biagioni

Milano, 5 dicembre 2019 - Un esercito di neomamme che lasciano il posto di lavoro. Solo l’anno scorso in Lombardia, secondo gli ultimi dati dell’Ispettorato del lavoro, 10.727 donne hanno rassegnato le dimissioni nel primo anno di vita del figlio: 946 in più rispetto al 2017, quando erano state 9.781. Si tratta nell’83% dei casi di lavoratrici italiane, nella fascia d’età fra 34 e 44 anni. E la motivazione più ricorrente espressa è «l’incompatibilità tra l’occupazione lavorativa e le esigenze di cura dalla prole». Tatiana Biagioni, presidente per la Lombardia dell’associazione Avvocati giuslavoristi italiani (Agi) e del comitato Pari opportunità dell’Ordine di Milano, punta il dito sulla norma che consente alle donne che si dimettono nei primi 12 mesi di vita del bambino di ottenere la disoccupazione e altri benefici: «Dietro l’apparenza di un aiuto si nasconde uno “scivolo“ verso l’abbandono del mondo del lavoro».

L’intento del legislatore era quello di supportare le neomamme. «Con questa norma le donne sono invitate a dimettersi, quando il bambino cresce e cercano di ricollocarsi nel mondo del lavoro incontrano enormi difficoltà. Per aiutare le donne servirebbero altre misure».

Di che tipo? «Un sistema di welfare che consenta loro di conciliare il lavoro con la vita dei figli, non rigido ma calato sulle singole situazioni. Ad esempio in certi casi sono utili i nidi aziendali, mentre in altri la strada è impraticabile perché non si possono avere bambini pendolari. Le somme enormi che si spendono per coprire la disoccupazione delle neomamme potrebbero essere usate per il welfare».

Come legge la disparità di stipendi che ancora permane tra uomini e donne? «Per farle un esempio, nell’avvocatura una donna guadagna poco più di un terzo di quello che prende un uomo. Il problema è culturale, ma non è l’unico che le donne devono affrontare. C’è anche il capitolo delle molestie sessuali e delle vessazioni».

Che dovrebbe fare la politica? «Iniziare a lavorare per rendere l’Italia un paese normale, in linea con standard europei, uscendo dall’arretratezza». (2 - Fine)

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