Le mire delle cosche su Malpensa: "Un flusso costante di cocaina"

Business milionario. Da gennaio a oggi sequestrati 502 chili di droga

L'aeroporto di Malpensa

L'aeroporto di Malpensa

Malpensa (Varese), 12 ottobre 2017 - Disegni di aerei consegnati da un tecnico in servizio a Malpensa ai trafficanti, per individuare le parti in cui nascondere la cocaina. Incontri, tra luglio e settembre del 2016, per pianificare il trasporto di carichi di droga nelle carlinghe degli aerei. Nel maggio scorso l’indagine Area 51 coordinata dalla Dda di Milano - con l’arresto di 21 persone (tra cui il tecnico Antonio Traettino e il carrozziere aeronautico Davide Mazzerbo) - aveva già svelato le mire della ’ndrangheta, in quel caso il clan Gallace di Guardavalle, sull’aeroporto internazionale di Malpensa. E lavoratori aeroportuali «a libro paga» emergono anche nell’ultima operazione La Romana-Fireman, che ha portato a 19 arresti e al sequestro di oltre 500 chili di cocaina tra Malpensa e il porto di Cagliari. In manette anche quattro operatori del settore handling - Michele Andolfo, Ivano Cabrini, Roberto Nicolini e Pierluigi Maino - che in cambio di denaro tentavano di far uscire dallo scalo le partite di cocaina nascoste nella stiva degli aerei che fanno la spola tra l’Italia e la Repubblica Dominicana, utilizzati principalmente da turisti diretti verso le spiagge caraibiche.

Andolfo, che in passato gravitava negli ambienti dell’estrema destra eversiva romana, si era costruito una nuova vita in Lombardia, con un lavoro a Malpensa. Era in contatto con il gruppo del presunto “broker della droga” Mauro De Bernardis, anche lui arrestato, a sua volta anello di congiunzione fra i narcos del centroamerica e la cosca Alvaro di Sinopoli, in provincia di Reggio Calabria, uno dei destinatari delle partite di cocaina che poi veniva “tagliata” e rivenduta, arrivando fino ai pusher nelle piazze dello spaccio. Un traffico che avrebbe garantito un guadagno milionario. «È una delle prime volte che emerge un gruppo così ramificato e organizzato operante su Malpensa», spiega il colonnello Gerardo Mastrodomenico, comandante del Gruppo investigazione criminalità organizzata (Gico) di Roma, uno dei reparti della Gdf che hanno condotto l’operazione. «Malpensa è uno dei principali varchi per importare la droga in Italia - sottolinea - e per questo l’attenzione è massima». Fenomeno dimostrato anche dall’entità dei sequestri. Secondo gli ultimi dati delle Fiamme gialle del Gruppo Malpensa guidato dal tenente colonnello Giuseppe Bua, nei primi nove mesi di quest’anno sono già stati sequestrati 502,37 chili di droga (nello stesso periodo del 2016 erano 269 chili).

Un boom dovuto a maxi-sequestri di khat (382 chili), mentre la cocaina rimane stabile (79,64 chili nei primi nove mesi del 2016 e 68,42 nel 2017). Al terzo posto per l’entità dei sequestri si colloca l’eroina (18,47 chili nel 2016 e 13,15 nel 2017) diretta in particolare verso l’Emilia Romagna. Crescono gli arresti: 30 da gennaio a settembre 2016 e 49 nel 2017. Confrontando i dati, si registra una crescita delle spedizioni di droga nell’area Cargo (67 nel 2016 e 97 nel 2017), mentre i trasporti tramite corriere o “ovulatori” - si è registrato un boom di arresti la scorsa estate - rimangono in linea. La rotta principale si conferma quella dominicana, uno dei punti di stoccaggio per la cocaina destinata all’Europa. Carichi di eroina partono invece dal Medio e dall’Estremo Oriente. Un flusso continuo, per rispondere a una richiesta costante di droga nel Nord Italia. Nonostante i tre maxi-sequestri effettuati a Malpensa dalla Gdf nell’ambito dell’operazione Fireman (per un totale di circa 128 chili di cocaina dal 2014) il gruppo aveva continuato a operare. Per coprire le perdite milionarie, infatti, era indispensabile portare avanti il traffico, mentre il cerchio si stringeva sull’organizzazione e sugli operatori aeroportuali infedeli, pedine nella strategia dei narcos.

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