Mala di Quarto Oggiaro alla sbarra Altri vent’anni a Dentino Crisafulli

La sentenza della Cassazione ha chiuso il processo nato dalla maxi indagine Pavone del pm Musso L’alleanza con i Tatone per la gestione del traffico di droga e gli ordini impartiti dalla cella di Opera

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Biagio "Dentino" Crisafulli ha continuato a governare dal carcere il traffico di droga a Quarto Oggiaro, stringendo un accordo con la famiglia Tatone e inviando messaggi all’esterno tramite sua moglie. Ora è arrivato anche il timbro della Cassazione a legittimare l’impianto accusatorio della maxi inchiesta Pavone, condotta con tenacia dal pm Marcello Musso, tragicamente scomparso nell’agosto del 2019 in seguito a un incidente stradale. I giudici della Suprema Corte, respingendo gran parte dei ricorsi presentati dai legali dei 26 imputati che hanno impugnato la sentenza d’Appello, hanno confermato la condanna di 20 anni e 11 mesi per il boss di Quarto, detenuto dal 1998 e già ritenuto responsabile di associazione a delinquere e omicidio. L’indagine della Procura e del Ros dei carabinieri ha dato vita a una sorta di romanzo criminale su narcos e collegamenti con la criminalità organizzata – con quattro puntate tra 2009 e 2014 e altrettanti blitz per un totale di 140 persone coinvolte – che si è chiuso dal punto di vista investigativo l’11 luglio di sei anni fa: quel giorno, i militari eseguirono l’ultima ordinanza di custodia cautelare della serie, emessa dal gip Stefania Donadeo a carico di 31 persone. Tra loro ci finì anche "Dentino", considerato il capo indiscusso della mala a Quarto, anche da detenuto nel carcere di Opera. In particolare, a Biagio Crisafulli fu contestato di aver continuato a guidare il gruppo criminale con i due fratelli Alessandro (recluso per un periodo nel suo stesso penitenziario) e Francesco (ucciso il 24 maggio 2009 in via Pascarella), usando come trait d’union con la piazza la moglie Lucia Friolo e il fidato Domenico Palazzolo e puntando sui fratelli Emanuele, Pasquale e Mario Tatone (i primi due sono stati assassinati nel 2013 da Antonino Benfante, il terzo è stato assolto) per dar vita a "una sorta di federazione – così definita dagli ermellini – finalizzata alla “non belligeranza“, che assecondava contingenti necessità". Ovviamente, "Dentino" ha sempre respinto le accuse, fino all’ultimo grado di giudizio: "Chi si è inventato questa storia dei pizzini ha visto troppe volte il Padrino – disse il boss, interrogato nel settembre del 2016 –. Io sono un uomo buono, faccio del bene e quando uno fa beneficenza non fa i nomi delle persone che aiuta". E ancora: "Sono stato arrestato a Parigi nel 1998 e da allora non sono più uscito".

Per i giudici, invece, Biagio non ha mai smesso di esercitare il suo potere su Quarto Oggiaro. Per quanto riguarda gli altri imputati – pur annullando la sentenza d’Appello limitatamente alle richieste di applicazione della "continuazione con precedente giudicato" da parte di alcuni di loro –, è stata confermata la colpevolezza di altri personaggi di primo piano come Antonino Paviglianiti (8 anni e 3 mesi), Domenico Brescia alias “Il sarto della Pinetina (per via di alcune conversazioni intercettate all’epoca con giocatori dell’Inter) e Gerardo Gadaleta detto "Il criminale".

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