La vittima ritratta, il giudice tira dritto. E scatta la condanna per il capo ultrà

La Cassazione: Loris Granncini in carcere per tentato omicidio

Loris Granncini

Loris Granncini

Milano, 5 marzo 2018 - La vittima dell’agguato ha provato a salvarlo, ritrattando le dichiarazioni inizialmente accusatorie: «Non era lì quella sera». Il giudice, però, non gli ha creduto, confermando la condanna a 11 anni di carcere per tentato omicidio che nel dicembre scorso ha portato in carcere il 44enne Loris Giuliano Grancini, capo ultrà dei Viking bianconero, arrestato a Cernusco sul Naviglio dai carabinieri. 

Il dettaglio della ritrattazione di Massimo Merafina, l’uomo ferito da un colpo di arma da fuoco la notte del 5 ottobre 2006 in piazza Morbegno, emerge nelle motivazioni della sentenza della Cassazione. Secondo quanto scrivono i giudici, Merafina ha cambiato versione sui fatti di quella sera, prima con un memoriale e poi con le dichiarazioni rese in aula durante l’Appello-bis (scaturito da un primo annullamento della Suprema Corte). In sostanza, l’uomo ha tentato di far passare l’idea che Grancini non fosse davanti al bar Hermanos durante l’agguato eseguito materialmente da Pasquale «Paki» Romeo. Una versione giudicata inattendibile e messa in piedi da Merafina, secondo il Tribunale, solo dopo aver subìto intimidazioni e pressioni «dall’entourage» del 44enne, attanagliato da un clima di «paura e soggezione». Ecco come andò, invece. Tutto parte qualche ora prima al bar Fantastic, dove Merafina e l’amico «Genova» aggrediscono Grancini. Che non la manda giù, «sentendosi – si legge nel verdetto – leso nel proprio prestigio di capo dell’ambiente criminale della zona o di quello della tifoseria organizzata juventina». La vendetta va in scena quella sera stessa. Grancini, utilizzando il telefono dell’amico Romeo, contatta Merafina e la compagna e dà loro appuntamento al bar Los Hermanos di piazza Morbegno, con «il proposito di realizzare una spedizione punitiva». Lì si consuma il raid. Ad agire è Romeo, che spara a Merafina dopo che quest’ultimo gli ha poggiato una mano sulla spalla. Quei proiettili non sono la reazione rabbiosa e spropositata a una provocazione, bensì la concretizzazione del piano criminale organizzato da Grancini, che avrebbe dato il via libera con un cenno degli occhi. Conclusione: 11 anni di carcere, che si sono aggiunti ai 2 anni, 11 mesi e 11 giorni accumulati per altri reati.

 

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