Milano, lo zio morì sotto morfina: infermiere assolto dall'accusa di omicidio volontario

Il pm aveva chiesto 9 anni e mezzo di reclusione. Oggi, invece, l’accusa per Lorenzo Pieri per la morte del parente è stata derubricata in omicidio colposo

Il caso era accaduto in un reparto di pneumologia

Il caso era accaduto in un reparto di pneumologia

Milano - Per lui erano stati chiesti 9 anni e mezzo di reclusione per omicidio volontario aggravato. Oggi, invece, l’accusa per Lorenzo Pieri, infermiere in un’altra struttura e a processo per la morte dello zio di sua moglie a cui avrebbe somministrato, facendogli visita all’ospedale ‘Salvinì di Garbagnate (Milano), morfina e antidepressivi, è stata derubricata in omicidio colposo ed è stato condannato ad un anno. Pena che in pratica ha già scontato quando era in custodia cautelare ai domiciliari. 

Lo ha deciso la Corte d’Assise di Milano (giudici togati Mannucci Pacini-Santangelo) che oltre a cancellare l’accusa di omicidio volontario per il 49enne, assistito dal legale Andrea Fares, ha anche assolto «perché il fatto non sussiste» cinque medici che erano imputati per omicidio colposo, assistiti, tra gli altri, dagli avvocati Matteo Calori e Elio Giannangeli. «Ha praticato i boli come se fosse lui l’infermiere della sedazione terminale, perché gli era stato detto che il parente era spacciato, perché voleva porre fine allo stato in cui si trovava una persona cara, di famiglia», aveva spiegato nella requisitoria il pm Nicola Rossato per chiedere la condanna. 

Francesco Piccinin, 87 anni, era deceduto il 10 ottobre 2020, dopo essere stato ricoverato nel reparto di Pneumologia. Per la Procura, poi, i medici avrebbero sbagliato diagnosi e cure per l’anziano tanto che ci sarebbe stata «un’ingiustificata definizione di irreversibilità» delle gravi condizioni cliniche dell’87enne colpito da polmonite. Una perizia nel corso del processo aveva stabilito che l’operato dei medici (il pm aveva chiesto 8 mesi per quattro di loro) era stato corretto.    Le motivazioni del verdetto dovrebbero essere depositate tra 15 giorni. Al momento dal dispositivo si può capire che, secondo i giudici, Pieri somministrando quella dose di morfina e antidepressivi non aveva intenzione di uccidere il parente, ponendo fine alle sue sofferenze. Probabilmente avrebbe voluto alleviare quelle sofferenze, ma ha somministrato, per errore, troppi farmaci fino a causargli la morte. A processo era finita una vicenda molto complessa, passata anche per consulenze e perizie, e per l’arresto di Pieri, finito ai domiciliari. 

Secondo il pm, Pieri che aveva «un bel rapporto» con l’anziano, anche perché «sua moglie trattava lo zio come un padre», aveva deciso di porre fine alle sofferenze di Piccinin dopo che il 7 ottobre aveva saputo dai medici che «le sue condizioni erano irreversibili». Il pm aveva chiesto per lui la concessione delle attenuanti generiche, ma anche di quella «dell’aver agito per particolari valori morali e sociali», perché il suo «scopo era nobile». Tuttavia la tesi dell’omicidio volontario non ha retto.

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