Loprete, un omicidio annunciato

Ricostruita la storia clinica di padre e figlio. Antonio soffriva di depressione da 17 anni, Gianluca da 7

di Laura Lana

Antonio Loprete, per la sua depressione, era in cura addirittura dal 2005. Il figlio Gianluca, accusato del suo omicidio, dieci anni dopo aveva iniziato a manifestare gli stessi sintomi, a cui si erano aggiunte manie di persecuzione. Il primo a preoccuparsi era stato proprio il padre, 57enne dirigente di banca, che solo nell’ultimo periodo gli aveva fatto fare dal medico di base tre impegnative per visite psichiatriche. Anche la scuola, l’istituto Cartesio, aveva notato qualche atteggiamento strano. Massiccia la documentazione medica su Antonio, trovato a pezzi nell’appartamento di via Saint Denis la mattina del 12 giugno, dopo la confessione del figlio al 118.

"Stato d’ansia, attacco di panico, astenia e sonnolenza", si legge di continuo sulla vittima, che viene data anche come paziente seguito dal Cps nel 2018. Un percorso lunghissimo, invalidante tanto da avere ripercussioni sulla sua vita: l’aspettativa da Bpm e l’isolamento sociale che lo teneva chiuso in casa.

Relativamente pochi, invece, i documenti su Gianluca tra quelli raccolti – non senza fatica – tra ospedale di Sesto, Cps, San Raffaele e Uonpia (qui nel 2015, quando aveva 12 anni). Era monitorato, aveva iniziato un percorso e anche una terapia (negli ultimi tempi assumeva farmaci per l’ansia), aveva dato avvisaglie della stessa malattia del padre, ma soprattutto aveva dato segnali di soffrire di manie di persecuzione, anche se non diagnosticate da alcun referto psichiatrico. Dall’analisi delle richieste al 112, è stata ritrovata una telefonata fatta dal padre a gennaio per cercare di dare aiuto a Gianluca. "Mio figlio è in aeroporto in Spagna e dice che lo hanno menato". Lo studente 19enne aveva fatto scalo a Madrid ed era di ritorno dall’Austria, dopo la visita alla madre. Antonio parla al rallentatore, forse è sotto farmaci. Gli dicono che è suo figlio a dover denunciare l’aggressione e chiedere aiuto. Cosa non avvenuta. L’ipotesi è che il ragazzo fosse preda, in quel momento, di allucinazioni o comunque di uno stato d’ansia tale da sentirsi osservato e minacciato dalle persone che erano in coda ai controlli.

Le oltre cento pagine di documentazione sanitaria e di cartelle cliniche sono state consegnate al pm. Servirà ora una perizia per accertare lo stato medico e mentale del 19enne, che da quando è stato arrestato dai carabinieri della compagnia di Sesto è rimasto chiuso nel suo silenzio.

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