L’Italia che non cresce e i suoi mali

Achille Colombo

Clerici*

I nostri connazionali non sono ottimisti sul futuro prossimo: il 69,3 per cento è convinto che si abbasserà il loro tenore di vita, mentre il 64,4 sta già intaccando i risparmi per fronteggiare l’inflazione la quale, per il 92,7 per cento, durerà ancora a lungo. E’ quanto emerge dall’annuale Rapporto Censis, giunto alla 56a edizione, che interpreta i più significativi fenomeni socio-economici del Paese. Qualche dato tra i moltissimi: il 61,1 per cento teme possa scoppiare un conflitto nucleare e il 57,7 che l’Italia possa entrare in guerra. Sono 1,9 milioni - il 7,5 per cento del totale - le famiglie che vivono in condizione di povertà assoluta e sono il 12,7 per cento i giovani usciti precocemente dal sistema di istruzione e formazione (media europea 9,7). Comunque, quella fotografata nel 2022 non è un’Italia sull’orlo di una crisi di nervi: si cerca una profilassi per l’immunizzazione dai pericoli correnti. Ma i meccanismi proiettivi, che spingevano le persone a fare sacrifici per essere migliori, adesso risultano inceppati e la società indulge alla rassegnazione e alla sfiducia nei confronti della politica: alle recenti elezioni 18 milioni si sono astenuti o hanno votato scheda bianca o nulla. Siamo infatti di fronte a sconvolgimenti veloci, inaspettati, difficili da metabolizzare. Per citare, la crescita delle esportazioni, rapida e diffusa negli ultimi mesi, maschera il calo della domanda interna e la rimodulazione dei consumi; la politica dei sussidi a pioggia copre bisogni indistinti e comporta negativi effetti collaterali; la ricerca di una nuova e diversa posizione professionale che coinvolge tanti giovani, annebbia le difficoltà strutturali di inserimento nella vita lavorativa. I flussi di risorse promessi e assegnati dal PNRR al Mezzogiorno, mai come ora ingenti, chiamano a raccolta capacità di progettazione e responsabilità locali spesso inadeguate per mettere in moto dinamiche di medio periodo e occupazione di qualità. Tre anni, quattro crisi profonde: la pandemia, che sembrava alle spalle, l’impennata del costo della vita, la guerra in Europa, i costi dei servizi energetici: l’Italia non regredisce grazie allo sforzo individuale, ma non matura. Rinuncia, senza forza e ambizione, a ogni tensione, a trasformare l’assetto sistemico e civile della nostra società. Resta la realtà: l’Italia non cresce abbastanza o non cresce affatto. *Presidente Assoedilizia

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