Lino Cinghia e quella vacanza in Sardegna

Enrico

Beruschi

Quasi ogni giorno si trova un articolo o un servizio tv che parla di queste brutte bestie: i cinghiali. Voglio scagliare una lancia a loro favore con alcuni ricordi. La prima sera che uscii con mia figlia, ormai sedicenne, eravamo in Sardegna, in un villaggio al confine della Costa Smeralda, con davanti chilometri di terreno ancora selvaggio e senza costrizioni. Tornammo all’alba, il sole sarebbe sorto di lì a poco e volevo valorizzare il fatto alla giovane, affinché rimanesse un dolce ricordo (poi passano gli anni e non sempre si torna alle primi luci con la gioia nel cuore). Davanti a noi si stendeva il terreno, coperto da cespugli irsuti, con solo uno stretto sentiero, che in meno di cinque minuti conduceva alla grandissima spiaggia. A dir la verità, il passaggio era opera mia: insieme ad un baldo giardiniere, munito di decespugliatore con lame ruotanti, avevo creato la scorciatoia. All’improvviso saetta sotto di noi una macchia nera, poi ripassa: era un cinghiale piccolo e zoppo, probabilmente sopravvissuto a qualche fucilata, che aveva sistemato la sua mamma ed i fratellini: divenne la nostra mascotte. Lo chiamammo Lino (cioè il cinghialino, ma sappiamo che le bestioline non studiano e non sanno che si deve mettere prima il nome e poi il cognome, cioè Lino Cinghia). Mi ero informato (e avevo già fatto delle prove): amano le mele; tempo pochi giorni e Lino, partendo da lontano, veniva fino davanti a casa, traversando il prato di un centinaio di metri; il pettegolo doveva aver sparso la voce perché, all’imbrunire, altri suoi simili venivano a far festa; il pettegolezzo si estese, i vicini portavano piatti di pastasciutta avanzata e altre cibarie, per godere dello spettacolo dei cinghiali che ci venivano a trovare per banchettare in allegria. Ma si doveva sempre ricordare che si trattava di animali selvaggi, che vanno rispettati; purtroppo le damazze vacanziere se ne dimenticavano e mettevano in pericolo i pargoli. Ad un certo punto: fine del divertimento, prima di tutto per salvare i bambini dalle madri incoscienti e poi per rispetto nei confronti di quegli animaletti così simpatici. Importante: il rispetto degli animali!

E ve lo dice uno che per almeno 50 anni, avendo paura dei cani, ha dovuto passarne di tutti i colori; adesso che quella paura mi è passata, i nostri amici pelosi mi sopportano, mi vengono anche vicino e non fanno una piega. Ma le bestie non sono cinghiali o cani, ma i padroni di questi ultimi, che non si rendono conto che gli animali non sono giocattoli. Chissà Lino Cinghia che fine avrà fatto: sono almeno 20 anni che non vado più in Sardegna.

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